Teatro alle Scale di Porchiano

Porchiano del Monte, di Amelia TR, non quello di Todi PG. Teatro all'aperto con estensioni al bosco. Dedicato a Iacopone da Todi. Spettacoli, edizioni e divulgazioni del Poetone Iacopone ma anche del Poetino Angelo Pii e Divina Corriera di Buddha Bus. Artisti e non artisti benvenuti ad esibirsi .

Wednesday, July 25, 2018

Pii CANTO SECONDO


CANTÀ DAVIDE 2018
Recita integrale a Monte Labro
Angelo Pii, "Storia di Davide Lazzaretti Profeta" (1907)
http://iacoponedatodi.blogspot.it - FB Cantà Davide, Teatro alle Scale

15 Agosto, ore 8 
CANTO SECONDO

104 - Roma. Davide prova a parlarne col Papa (1 Maggio '68)
110 - Al Fiume. Davide con il Giovane (Luglio '68)
121 - Roma. Davide riprova a parlarne col Papa (8 Giugno '68)
125 - Al Campo. Davide con la Pastorella (8 Settembre '68)
139 -  Pastorella rivela a Davide 
152 - Davide convince la Moglie ma non il Papa
164 - Davide inviato in Sabina (7 Ottobre '68)
169 ATTO SECONDO
180 - Alla Grotta, con ossa. I Sabini incuriositi
209 -  Davide in Misteriosa Conferenza (18 Ottobre '68) 
217 -  La Vergine apre i Cieli
226 -  L'Avo si racconta
237 -  Il Vecchio e la Vergine
247 -  Il Vecchio marca Davide 
253 -  Davide in tempesta e dopo.

103 [bis] - CANTO SECONDO - Argomento
Molte difficoltà, represse e vinte,
Davide, andar' dal Papa, si dispone.
Vide, in visione morale distinte,
farabolanti, la sua gran Missione.
Dà il Memoriale, a Pio, delle succinte,
per comando di Pietro, alto campione.
Andò nel Lanzio a far' gran penitenza,
ov' ebbe con gli Spìr(i)ti conferenza.
104 - Roma. Davide prova a parlarne col Papa (1 Maggio '68)
S'io potessi narrarvi caramente
i sogni registrati e le visioni
di Giacobbe, e Giuseppe intelligente
e dei primi, secondi Farraoni,
e, di Mosè, il gran roveto ardente,
e, di Nabucco, ad altre successioni,
che per esse, l'Uom' di Sentimento 
alla Chiesa ci ha fatto il fondamento...
105
... anzi conoscereste in un momento
che v'è un'Intelligenza superiore,
che previene e prepara a Suo talento
per noi, un avvenìr(e) sempre migliore 
che, [] a noi, tocca far' l'eseguimento
per rimediare al nostro mal-umore.
E se noi siamo sordi alle chiamate
le pene ci verrà moltiplicate.
106
Davide, ch'ebbe ben' considerate
le misteriose cose, che gli avvenne
 - come udiste che io ve l'ho narrate -,
al suo miglior' partito, egli s'attenne.
Molte difficoltà fur' superate
per le quali, non poco s'intrattenne.
Narrò il tutto alla Moglie in buona fede
poi, per parlar' con Pio, a Roma andiède.
107
Il Primo Maggio Sessantotto, il piede
mise dentro di Roma, andò in San Pietro.
Con la reliqua in man', Pio Nono, vede.
In processione, col corteo di dietro,
finita la funzione, in Corte riède.
Davide lo seguì più che d'un metro,
co' cortegiani si venne a informare
per potere, col Papa,_ egli parlare.
108
Da pazzo,_ quei lo vennero a trattare:
che non pensasse a ciò, neanche per ombra!
In quei momenti, non dovèa sostare,
a desïanza che il pensier' l'ingombra!
Cinque giorni, in Roma venne a stare
e nulla ottenne. E da là si sgombra:
col barroccio e cavalli, là menati,
ritornò in patria, tra gli amici amati.
109
Un mese e alcuni giorni eran passati
da che, da Roma, lui fece ritorno
e, della febbre e brividi, tornati
gli fur'no, col calore a capo intorno,
gli stessi effetti che ebbe notati
- nel Primo Canto che vi esposi, al giorno
de' venticinque Aprile -. Già infebbrato,
si trovò fortemente addormentato.
110 - Al Fiume. Davide con il Giovane (Luglio '68)
Gli sembrava, egli dice, esser portato
in visione, sul lido di un gran Fiume,
per acque chiare in copia, straripato,
formando più correnti al suo volume.
Cui doveva passar' dall'altro lato
per ingerenza, come l'è costume,
ma temendo il gran corso che mostrava,
di tragittarlo, lui non s'azzardava.
111
Guardando all'altra riva, ravvisava
un Giovane, e' con man' faceva cenno
passare oltre. Ma non si fidava
e con la testa, al "no" facea tentenno.
Quel Giovane, che spesso lo pregava, 
si gettò a nòto_ ed, a suo proprio senno,
all'altra sponda, franco si ritrova.
Ed osservarlo, a Davide gli giova.
112
Lo guarda... e bagnato non lo trova,
o meraviglia! Di rosso vestito,
un cordon' bianco, alla cintura, approva,
i sandali, sul collo a piè'_ v'addito. 
Giallo il berretto, in testa si rincova
con un bianca penna in alto sito,
cadente sulla destra in verso chino,
ed una canna di color' turchino.
113
Biondo di barba,_ angelico e divino,
lunghi i baffi avèa,_ capigliatura
bene assestata, pur' divisa al crino.
Occhi castagna, fronte giusta e pura...
ch'egli, considerato da vicino,
tutto completo nella sua natura,
lo giudicò il più bello fra viventi
che fosse visto fra l'umane genti.
114
Notato in tutto ciò, con dolci accenti
gli parlò, dicendo: "O come fatto
avete, a uscire da queste correnti,
sensa punto bagnarvi in questo tratto?"
"Come?", rispose, "Sappi che altrimenti,
l'acque di questo fiume, qui a contatto,
non s'attàccan' che a quel che si confonde
con i peccati e ha le vesti immonde.
115
Tu temi di passarlo all'altre sponde
perché non sei mondato e non sei puro".
E lui rispose: "O in che corrisponde
questa proposta?_ m'è di senso duro!".
Ed egli a lui: "Nota ben': quest'onde
limpide, temi... no già, tòrto oscuro.
L'acque chiare non danno mai immondezze...
ma quelle tórbe, a darle, sono avvezze.
116
Da sorgenti, ben' pure, ch'hanno altezze,
viene appunto formato questo Fiume.
Nè pioggia_ nè uragano_ nè fra-llezze
non tórbidan(o) il corso ch'ha in costume."
Egli rispose: "A queste stranezze,
creder' non posso, se non ho altro lume,
poiché tutti i fiumi che ho notati
si sono per le piogge intórbitati."
117
Rispose: "Sì_ perché son' qua(g)giù nati
e per piogge, le intórba ogni materia
ma questo vien' dall'alto e, dipurati,
ha suoi corsi fluenti. 'Un v'è miseria
da acque infette, non sono mischiati:
la purità dei cieli, questi, impèra.
Tu mi avevi promesso di passare
questo fiume... o viltade, in te appare.
118
Io, sano e salvo, te l' farò varcare!"
E detto questo, la destra gli prese
e, dentro il fiume, si venne a buttare.
Davide similmente si distese,
quando, nel corpo, si_ venne' arrivare
forza e coraggio, a invigorirlo intese... 
che più non conosceva s'era d'esso
poich'era, come il Giovane, lo stesso.
119
Usciti sulla riva,_ ambo a presso,
la mano gli lasciò, cotal' Campione.
"L'ostacolo è vinto per adesso,
ora pensa a compir' la tua Missione."
Mentre parlò, in tal' guisa, il divin' Messo,
a Davide davanti, gli dispone,
di Fuoco, una colonna scintillante
e, sotto i piè', la terra udì tremante.
120
Questa visione gli stiéde davante
diverso tempo. Intanto egli pregava
la Regina del Ciel(o), Madre costante,
a illuminarlo in ciò che desïava.
S'udiva nello spirto rattristante
che a fare il suo dovuto, lo pressava.
Decise, un'altra volta, ritornare
a Roma, e il Santo Padre, d'informare.
121 - Roma. Davide riprova a parlarne col Papa (8 Giugno '68)
Venuto il suo barroccio a caricare,
suoi cavalli attaccò, si pose in via.
La Terra Gialla, là, solcò portare
che è una vecchia e bella mercanzia.
L'Otto di Giugno ne venne arrivare.
Fuori di Roma, presso un osteria
staccò i cavalli e, ristorati alquanto,
vendé la merce che tenéa d'accanto.
122
E poi si riprovò per ogni canto,
per via di qualche prete o qualche frate,
e per quei cortegian', che posson' tanto
per infuenza... qual person' beate!
Pregò perché, condotto, fosse a Santo
Padre, per cose urgenti rivelate...
ma risposto gli fu, con schïamazzo,
ch'era un imbecille, dodo o pazzo.
123
Allor' tutto dolente, l'imbarazzo
abbandonò, di quei falsi lupardi
che, d'ogni ben' del mondo, hanno sollazzo
ma delle cose sacre, son' bugiardi.
Davide, di dolori, n'ebbe un mazzo,
quando lo ripudiava(no), quei vegliardi.
E, dopo cinque giorni, a casa torna
ma 'l pensier ch'avea fisso, lo frastorna.
124
Per quella Bestia dalle dieci corna
e sette teste, di nuovo, assalito
fu dalla febbre, che lo disadorna
e lo dibatte e rende scolorito.
Alla Madre di Dio, di grazie adorna,
ricorre; prega, di buon' cuor' pentito,
che le dia lume, in quel che far' dovéa,
poiché, da per sé solo, non sapéa.
125 - Al Campo. Davide con la Pastorella (8 Settembre '68)
Due mesi e ventùn giorno appunto avéa,
dacché da Roma, ne fu ritornato:
quando l'Otto Settembre ne volgéa,
l'otto da sera, s'avvide ammalato.
Con brividi e calore, l'accendéa
la testa tutta quanta, da ogni lato,
e questo la faceva deliriare.
Poi sfebbrato, si venne addormentare.
126
Nel sonno, gli sembrava di sostare
nel mezzo alla verdura d'un gran prato.
Il cielo azzurro e calmo, a riguardare
cominciò, poi abbasso fu voltato.
Un venticèl' tepente, a recreare,
gli paréa lo venisse, nel suo stato.
Il sole mite, risplendente e bello
nunziava a Primavera in quell'ostello.
127
Scandigliava sul prato ogni fiorello,
ben' riguardava in questa parte e in quella,
quando gli apparve, di biondo capello,
una grande e graziosa Pastorella.
Un grosso stuol' di pecore, a vedello,
bianco come la neve montanella,
ella pascéa. Le lor' teste lanate
eran', di rose e fiori, coronate.
128
Due più distinte_ all'altre, ebbe notate,
ch'erano presso della lor' Pastora:
in fronte, di un bel Giglio, erano ornate, 
una corona, la testa, gli infiora.
Egli guardava le bestie lanate
che, in forma umana, gli sembronno allora;
e lui, come incantato, fermo al posto,
guardava a la Pastora, ben' disposto.
129
Con le pecore sue, fàttasi a-còsto
lungi da esso, circa trenta passi
e lui, esse_ guardava'. Ben' tosto,
per per ossèrva(r), cui cessar' i passi.
Quei fiori... un odor' simile al mosto
di profumiero, che con òlei fassi,
simile a quello che, alle Tre Fontane,
esalava, il Giardin', da piante arcane.
130
La Pastorella, a fronte, le rimane.
La veste a tricolori addimostrava,
che nell'atteggiature, non già vane,
d'un'iride, i colori presentava.
Un nastro azzurro, steso a strisce piane
la cingéa, ch'alla destra anc-o, annodava.
I sandali turchini, avéa, fermati
coi piè' sui colli, fili scarlattati.
131
Un manto a colori porporati
sulla spalla sinistra, ripiegava,
e sotto dalla destra, dai due lati,
in un sol' nodo piano, lo fermava.
Corona in testa, di fiori svariati,
meravigliosi, che ciascun brillava.
Capigliatura lunga e ben' divisa,
che nel mirarla, l'occhio imparadisa.
132
Nella man destra, un Giglio, le ravvisa,
di lungo gambo. Ed una Colombina
sulla cima del Giglio, stava assisa,
del color' di sua veste variantina.
Insomma, ogni bellezza era concisa
nella natura angelica e divina
ed è per questo che mai, si saziava
di rimirarla e già la salutava.
133
Lei gli rese il saluto e ne abbassava
la testa, in segno di magnificenza,
e che lui s'accostasse, le accennava.
Ma non poté andare in sua presenza.
La Pastorella allor', con voce brava,
le disse: "O perché, giovane, a mia essenza
non t'avvicini?" Esso: "Lottò invano
venirVi appresso ed il perché, m'è strano."
134
"Sì!", le riprese, ella,_ a voce piano,
"Non Vi ingannate: c'è chi Vi trattiene:
Voi non [i]scorgete il disumano
nemico, che a insidiarvi, appresso viene
e vi toglie ogni ben' che avete in mano,
che vi fa grande fra l'umane sc(i)ene,
pure davanti a Dio. Per sacro impegno,
ravvisate il Nemico iniquo indegno!"
135
Udite tal' parol' pien' di sostegno,
davanti a sé, si vide un gran Serpente.
"Gesù e Maria!" gridò di tutto impegno,
tre passi, si scostò velocemente,
La Pastorella allor', le fece segno
di cotal' bestia non temesse niente...
e nell'atto, qual fulmine, si scaglia
per dare, al Serpe, orrida battaglia.
136
Esso per parte sua, rizzò la scaglia
e la gran bocca ben' dentata aperse
e, con sibili e tosco, l'aria accaglia,
la lunga coda, dimenava a sverse.
La Vergine, che il colpo non lo sbaglia,
del Giglio, il gambo, in bocca ad esse, emerse.
La piccola Colomba, su la spalla
di lei volò, ad ale stese balla.
137
Davide s'offerse d'aiutalla
per afferrare il Serpe e soffocarlo
ma ella dolcemente l'intervalla 
ché da sola, di vita, vuol privarlo
e ch'esso stìasi indietro, a riguardalla.
E col sinistro pié, seppe calcarlo
sopra del dorso e, con il desto, a' collo
per cui il Serpe tirò l'ultimo scrollo.
138
Allor' la Pastorella, il gambo mollo
del Giglio, trasse di bocca al Serpente,
che vittoriosa fu sull'angue brollo.
La Colomba, sul Giglio, andò, adorente.
Le pecorelle, col tremar' sul collo
per la botta del mostro puzzolente,
si chiusero nel mezzo la padrona,
'sprimendo gioia d'allegrezza bona.
139 - Pastorella rivela a Davide 
Dopo un breve silenzio, ne risuona 
la dolce voce di quella Pastora.
Ordinò le sue pecore in persona
d'allontanarsi un poco, un quarto d'ora;
acciò colui, che l'orecchio l'intuona
l'avéa cercata, e trovata ancora,
le si potesse un poco avvicinare,
ché, cose urgenti, gli dovéa nunziare.
140
Trenta passi, in circa a dilatare,
si vènner l'ubbidienti pecorelle.
E Davide si fece avvicinare
tre passi distante alle gonnelle;
poi che il passo gli avéa fatto sgombrare
che l'Angue, gli occupò, di scaglia felle.
Avvicinata che l'ebbe da sola,
così gli pronunziò la sua parola:
141
"O valorosa Donna! la cui stola
d'innocenza perfetta dimostrate,
beltà e coraggio su di Voi s'impòla'.
E, grazia e perfezione, dominate
per cui, tutto il mio cuore si consola
che, altre donne terrén', non somigliate,
Vorrei saper di grazia, chi Voi siete 
e an-dóve, la dimora, ne tenete."
142
Ella rispose: "Ora m'intendete:
la mia dimora è dov'è il padre mio
e dove [] egli regna, pace e quiete
co' suoi servi, fedeli al suo desìo.
Ed egli: "Il Vostro padre che tenete,
dov'egli regna? Saperlo,_ ho desìo!"
"Regna sopra e sotto questo prato,
con pompa e gloria, come s'è fondato."
143
"Io non comprendo il Vostro bel trattato
che inimma-ticamente avete fatto.
Ma dite, in grazia, chi V'ha confidato
questo meraviglioso gregge, in atto?
"Lo stesso padre mio me l'ha fidato."
"E come mai, ch'è candidato a-fatto?
e nessun' pecorella a voi fidata,
non si trova nel corpo macolata?"
144
"Questo avvien' ché ciascuna è nutricata
da pascoli eccellenti: pur' bellezza
perciò, ad esse, vien' comunicata.
mai passion' le cangiò naturalezza."
"La corona che, in testa, hanno infiorata,
come la vostra, di somma chiarezza,
quale signìfica[to] ha, di presente?"
"Che il mio padre le ama,_ io parimente!
145
"Le due, che avete al fianco di presente,
come mai hanno il Giglio sulla fronte?"
"Perché, più delle altre, fedelmente
mi hanno amato e son' primizie conte,
col mio fior' prediletto, parimente,
l'ho io premiate e consacrate al Fonte."
Così dicendo, indietreggiò tre passi,
guardando il cielo nei profondi incassi. 
146
E poi soggiunse con sermoni bassi:
"Fuggiamo dal cadavere puzzente. 
Vedo dal cielo, quaggiù avvicinassi
un grosso Volatile repente."
E come in ciel', quando il baleno fassi,
vibra il fulmine, il tuono percutiente,
così l'uccello: dritto al serpe, cala
e via, lo porta, con il becco e l'ala.
147
Disparì l'uno e l'altro,_ il puzzo esala.
Davide, nel veder tal' meraviglia
di quell'Uccello enorme,_ largo a gala,
"Di quale specie?" [ ] a dir' le piglia.
Lei le rispose: "La natura frala,
senza lui, nè farìa lunga vigiglia.
E, per compìr' con brevità la storia,
è quello che, all'Italia, porta gloria."
148
Egli rispose di botto, a memoria
pieno di confusione: " O dove siamo?
per questi trattamenti, vedo boria
di fronte a quei che rivelati chiamo.
Qui riportata, avete la vittoria...
ma come ha nome, di saper' lo bramo,
questo bel loco?". Ed Ella, senza scampo:
"Della Gloria, si chiama il vasto Campo."
149
Ed egli: "Pur, di saper' questo, avvampo:
a chi appartiene, tal' campo glorioso?"
Ed ella le rispose senza stampo:
"Alla Nazion' del Padre mio grazioso!
Qui non entra che quei che, a chiaro lampo,
si rendon' degni d'eterno riposo
e della Sua, e vera mia, amicizia
fondata per la fede di giustizia."
150
"Per me" rispose "è cosa novizia, 
all'insaputa, qua mi ci ritrovo
senza saper la via che quivi indrizia
e per cui, d'impararla, ora mi provo".
Ed Ella a lui: "Pregaste con delizia,
che foste esaudito, Vi comprovo.
Ora Vostro Nemico è in distruzione,
Voi potere eseguir' Vostra Missione."
151
"Santa Maria!" gridò con emossione
ed una luce gli coperse il viso,
l'abbarbàglio sugli occhi gli si pone,
al buio si trovò, all'improvviso.
Le tenebre disparve, in conclusione,
ed egli più non era in Paradiso
ma dentro un'ampia sala in Vaticano,
ai piè' di Pio Nono,_ alto sovrano.
152 - Davide convince la Moglie ma non il Papa
Allor' mandò, di gioia, un grido strano,
da cotale visione, si riscosse.
La sua Moglie, da lui poco lontano,
a queste voce, incontro gli si mosse.
E, della cameretta, entrò nel vano,
l'addimandò che avéa, che cosa fosse.
Egli le raccontò quel che gli avvenne,
che soddisfatta, al quanto si ritenne.
153
Ma per fare il compìto più solenne, 
si fe' dal Quarantotto: quando il Frate
a Macchia Peschi, a nunziarlo, venne,
e delle conferenze altr'ove date,
e del Giovane bello, che gli accenne
di cose misteriose riscontrate...
e che s'era deciso a far' partenza
andar' dal Papa, a Roma, in conferenza.
154
La Moglie lo sconsiglia di presenza
dicendo: "Tu rovini la famiglia!"
Egli rispose "Io non andrò, senza
portar' la buona merce a meraviglia.
E, col guadagno poi, che ci dispenza,
molte cose diverse, ci si piglia.
E, di più merci, apriremo un fondo
a Roma, e ne vivremo agiati al mondo."
155
La Moglie, persüasa nel suo pondo,
si diede pace e lo lasciò partire.
Carco, il barroccio avéa, di secca in-tondo,
di Terra Gialla, che val' molte lire.
Menò con sé il fratello più fecondo
che, per nome, "Francesco" si suol' dire,
che, quando avesse la merce esitata,
la gùbbia, a dietro, avesse rimenata. 
156
Giunto [] a Roma, la merce spacciata,
dovéa, Francesco, a casa ritornare
ma, sensa suo fratello alla giornata,
Roma, non intendeva di lasciare.
Davide, con l'anima omiliata,
lo pregò tanto, sino a lacrimare,
che, mòssosi il fratello a compassione,
ritornò alla propria abitazione.
157
Allora ne provò consolazione.
Davide ne studiò modo e maniera
per avere, col Papa, relazione
e raccontargli i fatti alla sincera.
Gli tornò in mente, come per pressione,
Monsignor' Lucïani, ch' egli era
di Santa Fiora, reso cappellano
a Roma, in San Giovanni Laterano.
158
L'andò a trovare in questo caso strano
e gli fece minuta relazione
di tutti i fatti suoi, con senno sano,
ch'egli stupì, per fede e convinzione.
Acciò credette, come buon' cristiano,
perciò gli fece raccomandazione
presso il suo amico Cardinal' Pambianco,
cui, di Pio Nono, stava sempre al fianco.
159
Gli scrisse una lettera, per anco
con essa presentarsi all'Eminenza,
per la quale iniziato, agisse franco
d'influirlo, di Pio, alla presenza.
Davide lo ringrazia... e non fu stanco
a porsi in braccio della Provvidenza.
Pambianco, n'andïede a ritrovare
a cui venne, il plico, presentare.
160
In una sala, lo fece sostare.
Letta ch'ebbe la scritta, andò da Pio.
Davide, il Memorial', gli venne a dare
perché lo scrutinasse a suo desìo.
Di questo, al Papa ne venne a parlare
e di cui... lo informò - a parer' mio -.
Ed egli, come uomo di sapienza,
ordinò di condurlo in sua presenza.
161
Don Nazzareno Caponi, all'udienza
del Santo Padre, lo fece passare,
che era il Segretario d'Eminenza,
che in Ascoli d'Ancona, nato appare.
Giunto al cospetto della Santa-Essenza
si prostrò chino, per il piè' baciare,
cui,_ mentre era egli in ginocchioni,
gli fece alcuni interrogazioni.
162
Su qual-ché l'avé(v)a date informazioni,
massime riguardo a quel convento,
[ ] stàtoli accennato in visïoni.
non sapéa dove fosse, in tal' momento.
Nulla di meno, con buoni sermoni,
lo rese, nello spirito, contento:
assolto, benedetto e consolato,
lo fece franco nel suo proprio stato.
163
Già, la Corona, l'avéa condonato
fatta coi frutti di Gerusalemme
e voléa che da lui, fosse tornato
[ ] dopo sette giorni, con più flemme.
Dopo tre giorni, gli fu comandato
dal Vecchio Frate delle sacre Gemme, 
che gli parlò in visione, una mattina,
ch'andasse alle montagne di Sabina.
164 - Davide inviato in Sabina (7 Ottobre '68)
Così, dispose, la Bontà divina
per ordine del Suo fedel' campione,
poich'egli [ ] vedeva la rovina
della Bestia, che andava in perdizione.
L'opinion' di Pio Nono, ne indovina,
co' suoi falsi profeti in comunione.
Solamente bastava che sapesse
quello che Dio, di fare, disponesse.
165
David, per cumun' nostro interesse,
dovéa, la vita sua, sacrificare
a tempo e luoco, poi far' buona messe
co' semi santi che dovéa piantare...
Ma, prima che tal' cose egli intendesse,
dovéa, l'anima sua, purificare,
menando vita solitaria e buona,
che acquista Grazia e l'uom' si perfeziona.
166
Per cui San Pietro, in temperata zona
lo dispose, per tempo ch'egli andasse
in penitenza, sino a che, in persona,
egli, pur' egli, non lo gradüasse.
E con altri favor', ch'egli consuona,
l'intrigata matassa distrigasse:
con armi invulnerabili e potenti
che avrebbe ereditate in quei momenti.
167
Pria di partir' da quelle "buone" genti,
chiese il permesso al detto Cardinale,
e che gli desse ancora schiarimenti:
di quel convento, aver' qualche segnale.
Ma cui, non seppe dargli l'argumenti
che nulla ne sapéa di logo tale.
Ma del suo Segretario, in mattinata, 
fe' far' la scritta a sua raccomandata.
168
La qual, Davide stesso, nell'andata,
al Generale di Monte Rotondo
per sopra scritta, avesse presentata
per iniziargli quel brano di mondo.
Davide ringraziò con elogiata,
con reverensa dalla cima a fondo,
si disciolse da ambo. Con coraggio
rassegnato, s'accinse a fare il viaggio.
169
Era il Sette d'Ottobre. Andò in pedaggio
egli a Monte Rotondo, ben' diretto.
Al General', con lettera a vantaggio,
si presentò col suo viril' cospetto.
Benignamente lo accolse, quel saggio,
ma non seppe indicargli il fondo detto.
Però, con nuova scritta per sua quiete,
lo mandò a Montòrio, all'Arciprete.
170
David(e), per le vie scabre e segrete,
viaggiò soletto senza far' parola.
Stanco e sfinito da fame e da sete,
di notte fatto, ne giunse a Nevòla.
Entrò nella locanda, in pace e quiete,
si ristorò alla meglio e si consola.
Ivi andò a riposarsi e, sul mattino,
pagato il conto, ritornò in cammino.
171
Circa le ore sette, il pellegrino
giunse a Montòrio. Da quei paesani,
il primo che incontrò, gli andò vicino.
Gli addimandò dove stava il Milani
don Giuseppe, Arciprete in quel confino.
E quegli l'accennò con le sue mani
dov'egli stava,_ cui l'andò a trovare
e gli venne, la scritta, a presentare.
172
Dopo letta, gli venne a dimandare
per quale utilità potéa giovargli.
Breve succinto, lui gli venne a fare
se, un convento, sapeva additargli,
che si doveva in quei pressi, trovare, 
da là, lungi tre miglia._ E narrargli
gli seppe, il che e il come comandato
fu, da chi - come udiste, vi ho cantato.
173
L'Arciprete resto un poco impacciato.
Dopo ciò, una lettera scrivéa
e, quando il bollo suo, vi ebbe improntato,
a Davide, in mano la porgéa.
A [] un convento lo mandò, abitato,
"di San' Maria le Grazie" si dicéa.
Appena giunto dal Padre Guardiano, 
la lettera gli pose fra le mano.
174
Prima, tutta la lesse, piano piano,
e poi soggiunse a Davide al momento:
"[O] mïo caro giovane, m'è strano
il dirVi: non è questo, quel convento
che cercavate. Non è Montoriano
nello Stato Papale, com'io sento:
il Governo italiano se lo piglia
ed è nel territorio di Scandriglia."
175
Davide non provò tal' meraviglia, 
garbatamente si seppe scusare.
Lasciò quel frate con la sua famiglia...
e di nuovo, il Milani, andò a trovare.
Udito il caso, la mente assottiglia,
si venne in quel momento a ricordare
che... un altro convento era in quel presso,
tutto in rovina, per ultimo eccesso. 
176
[ ] Non volle di più. Chiese il permesso
per andare di subito a trovarlo.
Benché annottava e pioveva spesso,
quell'Arciprete non poté arrestarlo,
anzi convenne che il sentiero stesso
gli dichiarasse, per non isbagliarlo.
Col cappotto e il par'acqua, s'incammina
ed, al passato vado, s'avvicina. 
177
Fra la notte, la nebbia e l'acquicina
e il rumor' della piena del fossato
non s'avvede che, a fronte, la collina
avéa, di quel Convento rovinato.
Sotto d'un curvo masso, egli s'inchina
per non esser, dall'acque, via portato,
aspettando che giorno si facesse,
perciò meglio, le cose si vedesse.
178
Sfinito dal vïaggio, in dure presse,
si trovò, dal sonno appatumato.
Il Vecchio gli mantenne le promesse
cioè che mai, l'avrebbe abbandonato.
Davanti agli occhi in sonno, gli si messe
che a lui pareva d'essere svegliato
e le disse: "O Uomo del Mistero,
siei presso al, pre-venuto, luogo vero. 
179
Qui sei pre-destinato, a mio pensiero,
a far', dei fatti tuoi, la penitenza."
E, con la destra, al suo valente impero,
alsò la Verga sua, di risplendenza.
E, dissipato tutto il buio nero,
vide la Rupe, il convento in presenza.
Ordinato per altro in condizione,
sull'albeggiar', gli sparve la visione.

169 ATTO SECONDO
180 - Alla Grotta, con ossa - I Sabini incuriositi
Fattosi giorno, ne varcò il botrone
poi giunse appresso alle sacrate mura,
ch'erano in deplorata condizione
ché 'un abitava nissun' crëatura.
A fianco destro, come in un torrione,
s'alsa una vôta, [ ] in fondo dura.
Qui il Beato Madèo portoghese,
a farvi grande presso Dio,_ n'attese.
181
Qui San Buona Ventura, il fondo attese
di questo santo luogo, a cellulare;
di "Sant'Angelo", il vero nome, prese,
e molti frati il vennero abitare.
Pur San Leonardo,_ ad ingrandirlo, spese,
"da Porto Maurizio". Abbandonare,
lo venne i frati, per grave appressione
fatta dal Re, primo, Napoleone.
182
Qui Davide, con vera devozione,
dentro la Rupe, cominciò a pregare
di vero cuore Iddio, con contrizione,
che gli dovesse i falli perdonare.
Qui, di far' la sua emenda, si dispone
e, lo spirito suo, purificare.
Qui chiede lumi e grazie al Padre, al Figlio,
pure alla Madre Sua di Buon' Consiglio.
183
Passò diversi giorni in questo esiglio,
che nessuno lo venne a disturbare.
La Domenica, fresco come un giglio.
[ ] a Santa Maria, ne venne andare.
Vìstolo i frati, diedero di-spiglio
subitamente venirlo (ad) onorare.
E lui gli raccontò che avéa trovato
il convento che avéa desiderato.
184
Del cui, dai quali fu bene informato
da quale istituzione ebbe esistenza
e come, al fine, cadde rovinato:
che era, di quel Desso, appartenenza.
Da quei, dei falli, si fu confessato
e ristorato insieme a quella menza.
E, ringraziati poi, di pieno giorno,
alla Rupe, ne fece il suo ritorno.
185
[ ] Davide contento, in quel soggiorno,
ch'avéa trovato ciò che desïava,
scrisse un'inno a Dio, di fede adorno:
"Tu prottettor' degli umili", avvïava.
Ed un'altra preghiera, che stamp'orno:
"Deh' Madre d'un Dio"_ in canto andava.
Ambo, espressi, furono in tal' suono
che a Lei le chiede aiuto,_ a Lui perdono.
186
Mentre egli attendeva a farsi buono,
in penitenza, tutto assidüato
con quella Fede ricevuta in dono
da quel supremo Dio, di forza armato...
passati otto giorni, quando un suono
d'una voce, udir', parve chiamato,
tre ore avanti giorno. E' fe' restìo
quando s'udisse dire: "Uomo di Dio!...
187
... attendi a ciò che debbo dirti io!"
e Davide tremante gli rispose:
"Dimmi, chi sei? [ ] A nome di Dio!"
ed egli "Spirto d'ossa_ qui cariose,
io son' colui che, per fatal' desìo,
sotto Leone Decimo, scompose
la viva vita, con la spada in mano
al signor' Conte già, di Pitigliano.
188
Di co(l) tal' fatto e()sacrando e strano,
mi pentii fortemente e mi decisi
far' penitenza... e non la feci invano
qui, quarànta[e]cinque anni precisi.
Credette' molti ch'io, presso Milano,
quando, coi Galli, a guerreggiar' mi misi,
fossi perito. Qui, son' le mie ossa,
ti prego a trarle fori, con tua possa.
189
Raccolte che l'avrai da questa fossa, 
nel cimitero, tu le porterai
dentro una cassa, non già tanto grossa, 
ben' sigilllata, e un segno ci porrai.
E, con P[i], e L[le], M[me] in lettra grossa,
la cassa stessa poi ne marcherai.
E, fatto ch'avrai ciò di buon' coscienza,
Iddio te ne darà la ricompenza.
190
Per ora, altro non dico, abbi pazienza.
Addio!". E così, l'Ombra disparve.
Di spir(i)to, quasimente restò senza,
che mai, veduto avéa, cotali larve.
Pien' di spavento, ne riflette e penza.
Il luminàr(e) del giorno ne comparve.
Davide si decide nel pensiero
veder' se l'Ombra l'avéa detto il vero.
191
In quel fra-tempo, dal basso sentiero,
vede venire tre giovanottini
e un uom' di sessant'anni, scaltro e fiero
ma tutti bianchi, dimostrava i crini.
Fàttosi appresso, francamente altiero,
le disse:_ "O che fate in tal' confini?"
Davide gli rispose con accento
che dovéa pitturare quel convento.
192
Della risposta, il vecchio fu contento
e poi cominciò a dire che i pastori
più non mettèano il lor' bestiame dentro
di quella Grotta,_ nè meno di fuori,
perché l'ombre e gli spirti, a lor' talento,
facean paura a poveri e a signori.
E d'altra cose strane, fe' racconto,
che sarà vanità rifarne il conto. 
193
Davide, che sapéa di tal' confronto,
tacette ed una zappa gli richiese.
Il vecchio gli promise d'esser pronto
e, il giorno dopo, gli portò l'arnese.
A quattro ore di giorno, sol' vi monto,
quando arrivò alla Grotta, dal paese
di Montòrio, Milani Gäetano 
con altri insieme... di poco lontano.
194
Davide fu richiesto a fargli il piano
per qual fine, la zappa avéa richiesta.
Sulle prime, indugiò, stimando in()vano
raccontargli tal' cosa buona e onesta
Ma ripregato, con senno più sano,
lo soddisfece con parola lesta.
E raccontò dell'Ombra e dell'ossame
che dovéa trargli fuori, a proprie brame.
195
Non tralasciò di far' la lunga esame,
nella forma che l'Ombra gli concluse,
e come, in carne, fu tremendo_ infame
contro colui che nella tomba chiuse.
Ansiosi di veder sotto il pietrame
se esisteva' quell'ossa, antiche - use,
il giorno appresso, restaro(no) in concione
a(l)lor' presenza, far' la scavazione.
196
Di tal' fatto, lo seppe più persone
del paese e vicini comunelli,
che decisero andarvi, là in unione,
parenti, amici, congiunti e fratelli.
Davide s'era messo in orazione
quando... un uomo di lunghi capelli,
vide uscir' dal convento rovinato,
con un mantello nero, convoltato.
197
Sì fu, per l'uomo in Ombra, spaventato
che, dalla Rupe, aperta fuggì via.
Andò in quel convento, sù notato
de Ponticelli, ch'è Santa Maria.
E quando il campanello, ebbe sonato
il canavaio, la porta gli aprìa.
Quando ravvisò Davide, il Guardiano:
"In quell'ora?". Le parve un caso strano.
198
Lui gli contò dell'Ombra. Tutto in piano,
quel Padre le soggiunse : "E' un illusione."
Davide gli rispose "E non m'è strano
il dirVi ch'ero desto a tal' visione.
La potevo toccar' con le mie mano,
se non mi spaventavo alla pressione
ma il coraggio mio, non m'è bastato
per far' sù sosta... e qui son' capitato.
199
Per quella notte, restar' fu pregato
dentro del chiostro co' pochi Fratelli.
La notte mai, si fu addormentato,
balsò dal letto al canto degli augelli.
E, dopo averlo, i Frati rincuorato
a non temer',_ tornò con un' di quelli
alla Rupe. Di più com'egli, invita, 
di Santa Bàrbera, quell'eremita.
200
Di pieno giorno, la gente riunita,
numero trenta circa, e più persone,
affinché, dentro un'ora stabilita,
cavar' dovéano l'ossa in comunione.
Davide aveva l'anima appurita:
col Sacramento, fatta Confessione.
L'Arciprete Milani era venuto
per far' lo scavamento più compiuto.
201
Prima, un lungo colloquio fu tenuto
per aspettar' Milani Gaetano.
Davide, da quei tutti, era temuto
pel suo modo di far' libero e sano.
Giunta l'ora precisa ed il minuto,
a far' la scavazion', misero mano.
Andati fondi un braccio, co' lavori,
trovavano le ossa più maggiori.
202
Dopo altro mezzo braccio, le minori.
E dentro della Rupe, fur' portate
per suffragarle con dovuti onori,
e porle dentro cassa, e sigillate.
- Come udiste, miei cari uditori -,
con orecchini d'oro "segnalate",
che Davide si trasse dall'orecchi
che portate, l'avéa, anni parecchi.
203
Tanto uomini giovani che vecchi,
che la parola videro avverata
di Davide per l'Ombra, a la parecchi,
poser' la fama, acciò sia divulgata.
Tal' fatti, rilucenti come specchi,
saranno propagati alla giornata,
per confermar' che lo Spirito esiste
per altri fini e per altre conquiste.
204
Quelle genti, che là erano miste,
all'ora tarda, fecero partenza.
Arrecaron' le nuove, a prime viste,
ne' lor' paesi, con propizia udienza.
Fra' Ignazio l'eremita, molto assiste
l'Uomo di Dio con la sua presenza.
poi ché lo aveva eletto, e dichiarato 
quello, che l'avéa Pietro, già ordinato.
205
Difatti, provvedeva dal suo lato
Davide, di quanto avéa bisogno.
E da lui, era spesso consigliato
ed ubbidiente... Ma d'urbano cogno 
di nazione tedesca, intonacato,
fedele a Cristo, nemico del Demonio,
egli fu, a Santa Bàrbera, locato,
che, vent'anni, eremita, era stato.
206
Davide se ne stava assidüato,
soletto in quella Rupe, penitente.
Un falegname aveva incaricato
per fare la cassetta di recente. 
Quando ebbe il lavoro terminato,
Davide la cassetta ebbe presente.
Ci accomodò quel'ossa e, sigillata,
a Montòrio Romano, fu portata.
207
Una Messa di rèquie, celebrata
fu nella chiesa dell'arcipretura,
con tutto il clero di quella brigata
a onore della morta crëatura.
[ ] Davide del suo, l'avéa pagata,
la cassa restò in chiesa, alla sicura,
dentro [] un credenzone... per memoria
- come registra, la Prosaica Storia - .
208
Egli intanto pregava, a onore e gloria
di Dio, per ottenere il suo perdono
e, su de' sui nemici, aver' vittoria
e, per grazia, venire umile e buono.
Se Abramo, Isacco suo, sul monte Mòria
sacrificava a Dio, lo dava in dono,
Davide in quella Rupe favorita,
per piacerGli, L'offerse sangue e vita.
209 - Alla Grotta. Davide in Misteriosa Conferenza (18 Ott. '68) 
Nell'ora che pregava l'infinita
misericordia dell'Onnipotente,
in men' di due minuti, comparita,
vide una folta nuvola gemente.
Un buio nero,_ mostrava, in partita,
ma la Grotta comparve risplendente,
come se pieno giorno fosse allora...
quando un Giovane entrò, che era di fuora.
210
Davide stava immobile in-dimora
ma tutta n'osservò tal' crëatura:
di color' biondo, i suoi capelli indora'
tagliati a un paro e, d'alta statura,
con vestimenti antichi, s'accolora.
Svelta di un muro, una gran pietra dura,
che pòstosi a seder' senza parlare...
e', una Donna ben' fatta, vide entrare.
211
Tutta di bruno, vestita n'appare, 
ch'avea fissato un velo sulla testa.
Dietro le spalle, lo lasciava andare,
ove, i biondi capelli, u' nodo arresta.
Essa pure, si venne accomodare
su d'una pietra che la Rupe appresta.
Verso il penitente, era voltata
benignamente, silenziosa il guata.
212
Dopo la Donna, un uomo fece entrata,
d'alta statura, questo, parimente,
ravvolto in un mantello all'anticata,
tutto di color' nero all'apparente.
D'un cappell' tondo, la testa parata,
con una penna nera un po' pendente,
Di cuoio duro, portava stivali
con rovescini bianchi naturali,
213
... posto a sedere, presso all'altri tali.
Entrò un Frate con toga cinerina,
cinto d'un cordon' bianco e con sandàli
che, ne piè' nudi, sui colli avvicina. 
Riccio di barba e di capelli uguali,
scoperta affatto la chioma sardina.
Diede uno sguardo all'altri e dopo, affisse
lo sguardo su di Davide e gli disse:
214
"Mi riconosci? Che qui, tu venisse
faceva d'opo, e il Mistero udrai
che il destino del Ciel', su te prefisse, 
per questo, io, non t'abbandono mai.
Del tuo Parente, o spirto che qua visse,
tuo sedicès(i)mo Avo, assumerai
per compìto, i suoi fatti misteriosi,
congiunti al tuo... meno portentosi".
215
A quanto dire, fra tre valorosi,
s'alsò il parente suo, Pallavicino
- mostrò d'avere, avanti, i gruppi ossosi,
come udiste, sepolti in quel confino -.
Svelse il mantello dei colori uggiosi
mostrando un busto colorito e fino
e, con parola chiara e ben' precisa,
ver' Davide parlò, in questa guisa.
216
"Fu volontà di Dio, buona e già fisa,
e della Madre sua, ch'è qui presente,
che tu venisse qui, nella concisa
naturalezza tua, vita vivente".
A tal' detti, s'alsò la Donna assisa
sulla pietra ben' dura, risplendente,
che tutti, fatto, gli avéa l'inchino
alle parole di Pallavicino.
217 - La Vergine apre i Cieli
"Il Padre mio, onnipotente e trino,"
disse la Donna,_ "che regna nei cieli,
con amore, acconsente da vicino
a quel che Gli addimando pe' i fedeli." 
Così dicendo, alsò il braccio divino
e della Rupe, si squarciaro' i veli.
Si scalampò in men' che d'un baleno,
il cielo apparve lucido e sereno.
218
Di sopra il capo suo, di Grazia pieno,
una corona d'Angeli partiva
che, traversando il ciel', stellato ameno,
al trono dell'Eterno se ne giva.
Egli sostava, fra i suoi spirti in seno,
con una Palla in man', di fuoco viva,
con atto di gettarla sulla Terra,
per incendiar' la misera mosferra.
219
Gesù approvava, la destra disserra
e cór un dito, la Madre accennava,
in atto di preghiera che non erra,
ver' lui, le Cinque Piaghe, addimostrava.
Lei ben' dolente, la parola afferra:
abbassando le mani, ne esclamava
ma tutta mesta, con atto ossequioso,
in elogia del Padre suo grazioso.
220
"Il Padre mio è misericordioso
ma gli empi L'hanno provocato a sdegno.
Chi Lo trattiene a vendicarSi, anzioso,
è mia presenza, perché ho preso impegno."
Tacque Maria, lo squarcïo fastoso
[in] della Rupe, si richiuse al segno.
Ella trovò a sedere_ ed a sua gloria,
Manfredo v'intraprese la sua storia.
221
"Si era d'opo (come, per memoria,
parla' l'antiche e moderne scritture),
che, del mio sangue d'illustre vittoria,
sorgesse un germe tra le crëature
per abbassar', di Satana, la boria
e porre la Giustizia nelle alture.
E riformar' le leggi, profanate
e, da falsi profeti, maculate.
222
Si, dai prim' anni suoi, addirizzate
per lui, furon' da me, preghiere a Dio:
perchè fosser' le cose preparate
per discendente, qui del sangue mio.
Con occhi di pietà fùron' guardate
l'opre sue vane, mentre fe' restìo
ed il Suo Servo, sotto umana forma
mandò, che in bene, gli servì da norma.
223
E' per vent'anni, par' che se ne addorma:
e, fra l'uomini, visse sconosciuto,
senza titoli e mezzi, fra la storma
del mondo errante, vano e decaduto.
Sé, in sua gioventù, mediano arguto, 
secondo l'andamento riconforma:
grande abbondante fu, nella sua Fede.
Per le rivelazion' ch'attese e vede,
224
... ogni difficoltà, vinta, si crede:
senza guardare a sacrifizi, a spese,
andò a Roma dalla Santa Sede
e, de' suoi fatti, la storia gli estese.
E, fino a questa Rupe, giunse a piede
e, per difficoltà, mai non si arrese.
Senza d'insospettirsi mai di niente,
a gran Servo di Dio, ne fu ubbidiente."
225
Ad un simìl' succinto, molto urgente
s'als'orno tutti e riverir'no il Frate.
Poi riprese Manfredo la corrente:
"Qui, molte preghïere ha indirizzate,
al Sommo, a Cristo e a Maria presente.
Qui le mie opre, rende ravvivate
dalla dimenticanza dei mortali,
sopra delle mie ossa naturali.
226 - L'Avo si racconta
Egli, in tutti i sensi principali,
sino qui, si riscontra veridìco.
La fama che ravviva a' mei natali
si mòltipli in lui, per quel'ch'io dico.
Io sono discendente dei Reali,
regnanti d'Ëuropa per antico:
da Ettòr(r)e, da Astianatte e da Pipino,
da Fiovo, da Costante e Costantino.
227
Io persi il d(i)ritto del Real' destino
perché, da donna illegittima, nato.
Francesco Primo avéa già il confino
del regno della Francia, trapassato.
A Milano, arrivato da vicino
si fu, di Giulia Flisca, innamorato...
e' nelle conferenze di tal' Duce, 
restò compressa e mi diede alla luce.
228
Allevato che m'ebbe, si riduce
a farsi moglie d'Anton' Maria,
vedovo con tre figli, e' si conduce
con sé mia madre, alla sua signoria.
Amico dei Francesi, e' me percu(o)ce,
non volle in casa sua. Mi mandò via
perché nemico, ero dei Francesi,
devastatori dei nostri paesi.
230 [229 non mumera]
Da maestri miglior(i), Lettere appresi
e mi fu data buona educazione.
Per amor' della Patria, l'armi presi
e fui amante della Religione.
Ma presso Como, che a fugare attesi
i miei nemici, fui preso prigione.
I' Marescial(lo) Lautrècce, per sua sorte,
comandò che mi dàssero la morte. 
231
Il Re di Francia, con la sua consorte,
mentre, di me, parlava al tavolino,
e che già ero condannato a morte,
un, puro, parlò suo figliolino.
Dicendo: "O papà,_ un sogno in corte
su lui ho fatto, ch'era a te già chino,
che pietà e perdono, ne implorava
e, col nome di padre, ti chiamava."
232
A quanto dice, si rammemorava
della vecchia amorosa confidenza
che ebbe con mia madre. E ordinava 
i Giudici, e fu nulla la sentenza.
Dopo di ciò appo sé, me richiamava
e mi raccontò il caso alla presenza.
E mi diede l'esilio e il giuramento,
e buona somma... e me n'andai contento.
233
Ma sappi ancora, quando che scontento,
dal mio patrigno, mi divisi ormai,
andièdi a Parma, a mio proprio talento,
e, del mio sangue, origine lasciai.
Massimina, ragazza d'ardimento
in-legittimamente coniugai 
ed ebbe un figlio: Lazzaro, chiamato,
ch'era Pallavicino, il suo casato.
234
Che poi, in Lazzaretti, fu mutato
perché non lo insidiasse' i miei fratelli
che, l'innocente, avrebbero ammazzato, 
nemici di giustizia, a Dio ribelli.
Passai da Parma, ed ebbi raccontato
tutto, alla donna, da miei casi felli.
Gli consegnai la somma del denaro
e baciai il figlioletto, unico e caro.
235
E così, ambo confortati apparo,
avvertii la donna di educarlo:
nell' amor' della Fede (e) farlo chiaro,
nell'amor' della Patria, ammaestrarlo.
E così le lasciai, con duolo amaro:
mi parve, il cuor', che mi rodesse un tarlo.
Andai a Roma fra le Muse e i canti,
per provà(re) a miei, di sospiri e pianti.
236
Chi leggerà la Storia e i fatti tanti,
ne troverà pur' anco quel che dico.
Altro non abbisogna che mi vanti...
chi è saggio, studierà nel ceppo antico!
Quel che non dico ora, dissi avanti
e credo non ti metta in un intrico."
Cessa Manfredo di parlare, intanto
ripigliò la parola il Vecchio accanto...
237 - Il Vecchio e la Vergine
... dicendo: "Il tuo rampollo farà quanto
l'obbliga a far', la sua Missione santa.
Farà di tutto ciò, verace Impianto,
come di lui, la scritta suona e canta"...
"Quando sarai chiamato al Suolo Santo
da colui che, il mio posto, occupar' vanta,
gli dirai che il tempo è passeggero
e l'Inferno si avanza assai più fiero.
238
Digli che non sia tardo nel pensiero, 
alla voce di Chi, su tutti, regna,
e che giudichi te, saggio e sincero.
Guai! se col cuor' di Grande, se n'impegna.
Digli che molti sono, nel suo impero,
che il corteggia(no), con idea indegna,
e gli tendono insidie ovunque sia.
Digli che non sia freddo in fede mia.
239
Tardi verrebbe il pentimento, in via
delle persecuzioni e del dileggio.
Digli che il Sire d'ogni signoria,
della mia nobiltà, ti ha dato il seggio.
E che, qualuque popolo si sia,
di salute, per te, ne avrà il pareggio.
E che fra breve, la pianta cornuta,
andare in perdizion', sarà veduta."
240
La Vergine, che parve un poco muta, 
ch'avèa, col guardo, Davide incantato,
s'alsò in piedi. E l'altri, a sua veduta,
s'alsaro' ma', ciascuno dal suo lato,
e poi Le s'inchinaro', per dovuta
umiltà, ed onore segnalato.
Sol' ch'un(o) ne restò immobile al suo posto,
provando immensamente, gioia (n)ascosto. 
241
La Donna alzò la testa. Il masso, tosto,
della Grotta,_ si venne a spalancare,
come fe' prima - che udiste il deposto -, 
le medesime immagini r'appare.
E Lei soggiunse: "L'amor' a mio còsto,
nessun[o] lo potrebbe immaginare, 
che porto al Padre mio_e al mio Figlio.
Per cui, leverò il mondo dal periglio.
242
Le cose guaste, accomodar' mi appiglio,
tutto il Mal', fugherò, con le mie mano.
A un mio comando, ad un cenno di ciglio,
son pronte le milizie dell'Arcano.
Trema tutto l'Inferno di scompiglio,
soccorro quegli che 'un mi chiama' in()vano.
Da me, tutto il Creato ne dipende,
perciò ogni Spirto, la mia Grazia, attende.
243
Il Mondo al mio voler', ne condiscende,
attende l'infallibil' mia Parola."
E riguardò su Davide, che pende
su lei graziosa, che tutto il consola.
"Tu, mio diletto, fra le umane aziende
fosti prescelto, per la fine sola
di una santa Missione: solo eletto
fra gli uomini, pe'l mio grazioso affetto.
244
Tu, dai profeti, ne fosti predetto
e, da Manfredo, a Dio raccomandato
per tal' Mistero. E del cui perfetto
sangue,_ sii rinvestito ed inlustrato.
Per cui ti benedico, di prospetto
fra questi fidi miei, che sono a lato,
sotto gli occhi del Padre e del Figliolo
e del celeste e sacrosanto stuolo.
245
Nel luogo di Gesù, mio figlio solo,
io ti sostituisco Re e Pastore.
Con me, il Mondo, leverai di duolo,
e ti dono Sapienza di valore
e protezione del grandioso stuolo,
per la gloria di Dio, l'avrai d'onore.
E la progenie tua, per me, in eterno,
sia benedetta e scampi dall'Inferno.
246
La Vergine cessò Per cui discerno,
San Michele riprese la parola
dicente: "Io servo Suo, Prence superno
e capitan(o) dell'angelica scuola,
per la di Lei bontà, giustizia imperno
e ti dono virtù potente e sola:
esser', più che invincibile, Leone
conto gli Spirti della ribellione."
247 - Il Vecchio marca Davide 
S'alsò San Pietro, di Gesù, campione.
Si fece avanti e cominciò a dire:
"Ciò che ti è stata fatta donazione
da Maria, da Michele, servo e sire,
si' sapienza, fortezza e protezione
dei Grandi, e Grazia che ti ha da influire.
Per amor' Suo, che regge un Mondo intero
ultimerò su te, santo Mistero...
248
... col farti u' nome, in marca, di chi ha impero
della Santa Chïesa Universale,
e ti sostituisco Cavalliero,
in grazia della Donna trïonfale".
Fàttosi avanti, composto e leggero, 
di prudenza, con atto naturale,
con la man' destra, nel petto intronollo,
con la sinistra, lo prese pe'l collo.
249
E, dato che gli ebbe il sacro Scrollo,
la man' destra, alla bocca, ebbe appressata
e con atto virile - che notollo -
l'impresse im-mézzo, una lunga fiatata.
E con le sicle, della man', marcollo
su della fronte. - Come qui si guata
o sia, questo: )+( è il Battesimo di Fuoco
che San Giovanni predisse a suo loco. -
250
Il colpo del Gran Duce non fu poco,
provò dolore più che di morire:
(le) parve di avere, dopo còtal' gioco,
franato il cranio,_ soffrì gran martìre.
- Questo segno è di Dio-Vivo, che invoco
nei miei bisogni! - E Pietro segue a dire
"Se vinci tal' battaglia, a tuo valore,
sarai, di tutto il mondo, vincitore".
251
San Francesco da Paola preditore
lo predisse, tal' quale segnalato.
Dante Alighieri, ch' è il suo precursore,
predisse che sarebbe battezzato
in sulla fronte. Con voce migliore 
e sotto un altro vello, s'è annunziato
for-se lo Spirto ritornato in vita,
per compimento di questa partita.
252
Il suo grand'Avo, per farla finita,
in attestato di quanto gli disse,
gli fece donazione favorita
di Nobiltà del suo sangue, che visse.
E, dell'amor' della Patria gradita,
pur' l'amor' della Fede, unito addisse.
E così, regalato in condizione,
gli disparve, sull'alba, tal' visione.
253 - Davide in tempesta e dopo.
Di quattro, vide uscir' sol' due persone:
il Frate e lo Spirito dell'ossa.
Tentò seguirli di buona intenzione, 
ma un vento lo respinse a tutta possa.
E, sollevato in guisa di pallone,
gli fe' girar' la Rupe a sua sommossa.
Gridò: "Gesù e Maria, datemi aiuto!",
acciò, fra il vento, non fosse sperduto.
254
Lì, tirò sopra l'ossa, risoluto,
temendo la tempesta e il gran rumore.
Parve, l'Inferno, fosse là venuto...
orrìbil' cosa! ne durò tre ore.
Egli pregava, sempre, a suo dovuto,
quando, del giorno, apparve il primo albore.
Delirante, aggruppato, si lagnava...
ed un pastor' di capre l'avvistava.
255
Poi giunse un altro, cui addimandava
che cosa "Oh!" mai gli fosse successo.
Ma lui, qual moribondo, n'angosciava
e nulla, potè dirgli, per adesso.
Ma solamente, ne desiderava
un sacerdote gli venisse a presso.
Gioacchino Venettoni andò al momento
e tornò col Vicario del convento.
256
Trovàtolo ravvolto in gran tormento 
la gran benedizion(e) gli venne a dare
"in articolo smortis" e, protento!...
al momento, ne venne a dimostrare.
Si levò in piedi a suo proprio talento,
pure il convulso gli venne a cessare.
Accorse molta gente [a] visitarlo
e, anche ne' suo fatto, addimandarlo.
257
Gäetano Milani - vo' notarlo -
di Montòrio, fratello all'Arciprete.
Ed un altro fratello, accompagnarlo,
e Fulgenzio Pezzuoli - conterete -,
con Micus fra' Ignazio, ad ossequiarlo
venne, in caso ben' raro, - intenderete -.
Da questi, ne fu Davide pregato
che il suo accaduto, sia_ a loro raccontato.
258
Si sforzò alla meglio, nel suo stato,
raccontargli i prodigi più importanti
ma tacque ogni discorso segnalato,
che i Personaggi gli fece, davanti.
E quand'ebbe il racconto terminato,
garbatamente licenziò gli astanti.
Eccettüato che il buon Eremita,
l'altri fecero tutti dipartita.
259
Fu in cotal' giorno che, dentro pulita
cassa, venne l'osso a rinserrare
con l'orecchini d'oro, che in sua vita 
giovane e fresca, li venne a portare.
E, mandata a Montòrio, fu compita
la cerimonia che dovéasi fare.
Ma la nuova si sparse: là in quel sito
e v'accorse gran popolo aggremito.
260
Ma [lui], prima di ciò, cadde addormito
ed, ogni quando in quando, per paura
ne stramazzava e lamentava. A dito,
raccontava gran cose in quella mura.
E quando si_ fu, sveglio, risentito,
non rammentava più quella sventura.
Che affannato da genti - come io sento -,
si ritirò coi frati nel convento.

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