"Mi ha scritto Dario Fo:
O Iacopone, vai per la tua strada!"
Mastro Fo,
vorrei narrarLe del mio Iacopone di Strada (...)
Il mio tenue ricordo di quel frate lo dovevo proprio a
Lei più che al liceo. E mi pareva fosse stato carcerato. Siccome ho la fissa
del carcere, per vari motivi, e non sopporto chi ama le manette, sempre addosso
agli "altri", sono andato a cercarmi su Internet che mai fosse
capitato a Iacopone... servisse mai al popolo, chissà... che la smetta di amare
le manette!
Così fui abbagliato dalla Lauda Carceraria "Que farai, fra Iacovone?", che mi parve molto attuale,
istruttiva e divertente ed, oltre tutto, una splendida poesia. Purtroppo questa
lauda è quasi incomprensibile, scritta in lingua volgare del 1200. Non avevo
trovato edizioni leggibili di Iacopone, sicché pensai da darne una mia
traduzione nella lingua italiana corrente. Non parafrasi prosaica ma versi di
poesia... dei nani sulle spalle del gigante Iacopone.
Non fu un impresa facile per un indotto di studi
medievali. Un po' mi soccorrevano esperienze dialettali. Abito appunto, a due
passi da Todi ed il Volgare umbro mi appassiona: so che "spinosa" è
istrice, che "passone" è un certo palo... Ebbi esperienze pure artigianali di tessitore: so che il "vergato" è
stoffa per giullari, prostitute e diavoli, so che lo "stame" è
l'ordito del tessuto, mentre la "lana" può esserne la trama... e
questo era sfuggito a tutti i professori. Quanto al resto, e non è poco, si
trovano anche in Rete dei glossarî.
La mia vanità libraria editò un libretto ma che
insomma... era un libro di poesia, per di più religiosa, pure sgradita a molti
religiosi, ed oltre tutto vecchia di 700 anni... la nicchia più ristretta del
mercato! Eppure mi arrischiai ad uscire sul mercato, tra la frutta e la
verdura, a spacciare il mio libello. il mio prodotto non fu molto gradito anzi,
direi, neppure percepito.
Il popolo di oggi si aggira sul mercato con questo
schema bene fisso in testa: sul mercato della frutta si cerca solo frutta e se
c'è un libro, non lo si vede neanche. Non è che lo si guardi e poi si passi via
ma dico proprio che non si vede proprio. Invenduto non soltanto: non pervenuto
alla percezione.
Gli amici mi dicevano. "Perché non fai lettura in
qualche bella sede culturale: una sala comunale, di banca o biblioteca,
oppure al ristorante
intellettuale?" Ma Iacopone passa per giullare e mi ha passato Lui
un'illuminazione. Mi ha rammentato in sogno, il mio tempo passato in Maremma,
molto vicino ad Otto e Barnelli, due mitici busker del secolo scorso, nonché la
compianta Patrizia Melandri che andava a giro aprendo una valigia, piena di
teneri Pupazzi Pallici, ma fallici s'intendano. Mi ha rammentato (fu un sogno
molto lungo) l'epoca che, al Centro Popolare Autogestito di Firenze, tenevo
studio aperto di Afro Tessitura di fianco a sala prove de I Fiati Sprecati,
grande banda di musici marcianti, raffinati o ignorantissimi di note. Fu
bellissimo sentire quelle prove al di là del tenue muro, dove il caos prendeva
forma alla fin fine. In quella banda, ci ho persino suonato da Cassista
sostituto, e Percussionista aggiunto, col mio personale campano ghanese
bitonale... guardando sempre il piede della Prima Tromba.
Per fare Iacopone, mi son cucito un saio di sacchi
muffiti, peggio di quello che indossò Francesco e che si vede ancora tra le sue
reliquie. Oltre alle bubbole per le ginocchia, mi sono fatto un flagello a
sonagli, più le catene a piedi per sferragliare meglio. Ed è così che declamo
Iacopone, alternando traduzione e testo originale, recitazione e plagio: di
canzonette e canti quasi gregoriani. E poi questuo, si capisce, anche per
rassicurare che, più che matto, sto come lavorando.
Declama e
rideclama, quasi quasi, incomincio a percepire l'altissima poesia di Iacopone;
Il suo magistero supremo nel fiato e nei suoni; le sue frasi sempre avare di
aggettivi ma prodighe di verbi e di sostantivi, ovvero di azioni e di cose
concrete; la sua sintassi anarchica e rigorosamente insubordinata.
Ho frequentato a lungo l'Inferno di Dante, addentrandomi
poco nel Purgatorio e trascurando affatto la discoteca mistica dl Paradiso...
Dante dà sempre il meglio nel comico grottesco. Ho scritto persino una mia
personale "Divina Corriera", che canta il Buddha Bus del popolaccio
singalese, in allegra comitiva a girare i suoi santuari. Ho pudicamente
occultato ogni verso stampando quel testo senza andare mai a capo... un po'
come le prime edizioni de lliade.
Ho riassunto per Stampa Alternativa il poeta contadino
Angelo Pii, che cantò in ottava rima la storia di Davide Lazzaretti, il
"Cristo socialisto" ammazzato sull'Amiata. In versi anche il mio
sunto, ma sempre camuffati come sopra. Gli agenti di custodia e tenutari dei
beni culturali, i monopolisti accademici degli eventi Davidiani sull'Amiata,
non ci hanno perdonato quel Bignami a Mille Lire. Ci vietarono l'ingresso, a me
con l'editore sovversivo Baraghini... che presentammo il libro a tavolino, tra
i bicchieri di un bar-circolino, neppure di Arcidosso, capitale davidiana, ma
della frazione Macchie... e se ne intende il nome.
Mi son cimentato infine, coi maestri contadini nel canto
e controcanto dell'ottava, improvvisando "risposte per le rime". Ma è
soltanto oggi, sbraitando Iacopone per le strade, che mi accosto alla banale
verità: la poesia vera si fonda sul respiro e il respiro non è quello che
penso. Anzi.
Ecco, Maestro.
Ove mai
Lei arrivasse a leggermi fin qui e supponesse valido il mio
Iacopone di Strada, non oso neanche chiederLe un pur breve cenno di
incoraggiamento. Me ne farò un apocrifo:
"O Iacopone, vai per la tua strada! mi ha scritto Dario Fo".
Grazie.
"O Iacopone, vai per la tua strada! mi ha scritto Dario Fo".
Grazie.
Luciano Ghersi
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