Buddha Bus
LA DIVINA CORRIERA
ad uso orale per il Teatro alle Scale di Porchiano
Il popolare capolavoro di Buddha Bus
finalmente tradotto in italiano dal singalese.
L'eternità in tre giorni: dura altrettanto il comico viaggio
degli isolani di Borgo Sabbioso sulle tracce dell'Illustre
tra miseria e dignità, metropoli e montagne, memorie ed oblio
e sopra tutto, un eterno sorriso.
Quarta tappa, Cantucci 092-095
Così cantò Buddha Bus:
"Senti Notizie, accendo la poesia,
che non ci manchi l'onda o la corrente!"
092
[Sù per i Boschi, con Elefanti e Farfalle]
Dal mare di risàie su risaie,
il Bùs accosta un piède d'Altopiano
che s'àlza per insòlita boscaglia.
Sparite ormài, l'amate Cocco-Palme,
in gràppolo di poppe scollacciate:
Palme svettanti, dritte sù nel cielo,
nelle loro verdissime esplosioni
da fuochi artificiali per davvero.
Entrati per l'insolita boscaglia:
un forteto selvaggio, un’aspra sélva
oscura fin nel mezzo, nostra via,
con rami adunchi, tormentati e cupi...
eooure non ci fanno gran paura,
che li rallégra troppi fiorelloni,
appèsi mille a mille, a mazzi interi,
nel più suprèmo sprèco di colori.
S'incròciano domèstici Elefanti,
che vanno per la macchia a lavorare
con passo da Stradino rassegnato.
Altri Elefanti, in turno di festivo,
si rilàssano a bagno per il Fiume,
tra rocce lùcide, grigi altrettanto,
mimètici, nell'acqua che l'immerge,
rivelati però, dalla probòscide
periscòpica a mo’ di sommergìbile.
È 'l loro quarto giorno: il dì festivo
per ogni quattri-màna sindacale,
ch'è festa sacrosanta, da quel mitico,
selvaggio sciòpero dell'Elefanti.
Sù per l'impèrvie svolte della strada,
la vista ci s'annèbbia in fitti banchi
di Farfalle, celesti e turbinose.
Quest'improvviso abbaglio, tutt' azzurro,
offusca la visione del Presente
che sotto, ci strapiomba pei tornanti.
Il Bus, precario, sempre più s'inèrpica,
strappando sèmpre, "Àmen!" collettivi
ma Indice egoìstico rinnega
la stretta comunione delle dita
congiunte, tese all'ùnica preghiera:
s'appunta solitario, verso il vèntre,
ad indicàr protèrvo: "Pancia Vuota!"
093
[Tutti al Bagno, per la visita al Dente dell'Illustre]
Per ogni appuntamento con il Dènte,
ci vuole preventiva pulizia!
E dunque 'l Bus parcheggia, in riva al Fiume
che qui costeggia un àrgine, scolpito
per dar l'accesso agévole nell’acqua
all'utènza del Bagno-Lavatoio,
annesso ad un paesello non lontano.
I Ragazzi che son, di scòglio, nati,
si tuffan giù, da àngeli dannati,
in costume da bagno della festa
(no da misero, bagno quotidiano
nella vasca comune dell'Ocèano).
Il Maschio Adulto invèce, cautamente,
s’immerge di battèsimo solenne
e 'l sottanone gli si gonfia sotto,
per que' subàquei giochi di corrente.
Vestite dalla spalla a mezzo stinco
più castigate, rèstano le Femmine
che raramente affrontano le spiagge,
ma l’acqua incolla drappi sulla pelle,
e le trasforma in nudi colorati!
Nello splendòr che va di donna in donna,
spiccano vìvide Fanciulle in Frutto:
Palme flessuose, da chioma spiovente
protèndono un par di Cocco-noci
che saziano la vista ma, purtroppo
senza nozze, la vista solamente.
Nudo integrale, solo per l'Infanti:
lustri e stillanti, fruttini strilloni,
s'aggrappano di tronco a Genitore
che se li tuffa, giù come biscotti,
finché non gli si nétta nell'orecchi.
Scherzetti, schizzi e sguazzi e, per l'intanto
tutti d'impegno, nello spumeggiare
di moltèplici sciampi e saponette.
Non per nulla che noi si rappresentiamo
(secondo le statistiche dell’Onu)
il più pulito popolo del mondo!
o che si fa più bagni, per lo meno.
094
[Bucato, Gioie e Pranzo]
S'adempie altro Precetto dell'Illustre:
"Appùra, dopo 'l corpo, pure i panni!"
Braccia donnesche, d'òpra palestrate,
te li dislógano spietatamente
sbatténdoli sui lucidi lastroni
pestàndo sotto i liberi piedoni.
Da tanta lor tortùra perpetrata,
ne sprèmono, d'ambiguo sugo bigio!
che la sorella - acqua del Torrente,
sempre indulgènte, sùbito disperde.
Panni affogati, ri-pescati e torti,
gettati poi, ridotti come stracci,
a riànimàrsi su li stecchi d’erba
che sbùcano, ristetti tra lastroni.
Sott' al pudìco sbandieràr di drappi
che vela inusitàte castità,
s'agghìndano nell'àbito da festa
non solo: ma da tiepidi fagotti
infrattati per l’ìntimo, ne frùgano
gioielli d’oro sano o tutto matto.
Sono l'umili gioie popolari:
làmine gracili, fìligranèlle,
tutt'allegre, del Sole più gagliardo
che pur oggi, concede di brillare
in gloria dell'Illustre e Pòpolo sovrano!
Ci s'indicava, tristi: "Pancia vuota!"
fin che dal Bùs, calò di fuori il pranzo
cotto dall’alba, nel remoto ostello,
e c'arrischiammo, tutti azzimatini,
a coniugare 'l Riso (sempiterno)
col (sempre suo mutante) conrisàtico…
sicché contaminò, qualche pillàcchera,
tutta la nostra precaria purezza.
Raccapezzammo i panni bell'asciutti
e ci sciacquallo 'l piatto sotto tànica,
ciascuno biascicando, come sa:
"Che questo sciacquo, giù da la mia mensa
nutrisca le creature giù terra,
l’anima d'ogni bruto, d'ogni pianta!"
Trascorre, la clessidra de' Sabbiosi
attraverso 'l pertugio del suo Bus
ma più pazienti Babbi, con premura,
equànimi soccòrron' ogni Pàrgolo
e pur le (più complesse) Pargolette
in pisciarella d’ùltimo minuto.
"Partiaaàm, partiaaàm!"... in fine fu partenza.
095
[Capelli e Profumi]
Il Bus arranca ancora a scollinare
e a bordo, senza tregua, si lavora
rivolti sull'estrèmi adornamenti.
Le Vérgini s'erigono all’impiedi,
ondeggianti d’asfalto disconnesso...
con tutte quelle curve malandrine!
rastrèllano decise la criniera
d’inattingibile profondità:
lì proprio sotto 'l naso, palpitante,
di que' Ragazzi, che non sanno 'l rischio
mortale, di chi mira su la Donna,
mentre s'acconcia e pettina capelli.
Pettinella (di plàstica) fra dènti,
la Sirenetta stringe ed incanala
la cascata fluente de le chiome
nella treccia, che par mai finisca
ma giù, di tra le reni, ci s'aguzza!
Freccia puntata, sèmpre, al bel bersaglio
mirato da' Ragazzi... ma dapprima:
donàte gioie d'oro e pure gemme!
Perché? C'è qui Precetto dell’Illustre:
"La Sposa avrà 'l diritto d'adornarsi!".
Ogni Matrona, più che gioiellata,
s'arrangia in capo uno scalpo dismesso:
risparmio previdente d'un antico
proprio splendore o pùr, d’eredità
(perché gioielli poi, ne vanno in pegno
ma non c'è pelo a Monte di pietà).
Prolungano così chiome reali,
pur troppo brevi, rade ed ingrigite,
con quèlla simil-treccia di posticcio.
Invece che le Vérgini, compòngono
l’impropria treccia in un'austèra crocchia
che si modella, come pan di creta,
fra dita incora plàstiche, disciolte,
di mani sempre màgiche: di Palma!
Poi sbronza collettiva di profumi:
scambi eccessivi e mutui d'ogni aroma,
senza distìnguer' né sesso né età.
Cocc-òlio infine, lustra tutte pelli
e soffoca 'l conflitto tra gli aromi
col suo soave, efflùvio dominante
sì che l'Illustre non ne possa dire:
siamo concordi, puliti ed adorni...
Illustri, certo no, ma già lustrissmi!
096
[Per la Città del Dente]
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