Teatro alle Scale di Porchiano

Porchiano del Monte, di Amelia TR, non quello di Todi PG. Teatro all'aperto con estensioni al bosco. Dedicato a Iacopone da Todi. Spettacoli, edizioni e divulgazioni del Poetone Iacopone ma anche del Poetino Angelo Pii e Divina Corriera di Buddha Bus. Artisti e non artisti benvenuti ad esibirsi .

Wednesday, July 25, 2018

Pii CANTO QUARTO


CANTÀ DAVIDE 2018
Recita integrale a Monte Labro
Angelo Pii, "Storia di Davide Lazzaretti Profeta" (1907)
http://iacoponedatodi.blogspot.it - FB Cantà Davide, Teatro alle Scale

15 Agosto, ore 22 
CANTO QUARTO

365 - Davide torna al Paese e va al Monte (8 Gennaio 1869)
378 -  Davide dà una Cena misteriosa (14 Gennaio '70)
388 - Davide va a Montecristo (15 Gennaio '70)
394 -  Sette Tuoni a Montecristo
ATTO SECONDO
418 -  Davide Espulso dall'Isola (22 Febbraio '70)
422 - Davide torna al Monte. Si edifica la Torre
432 - Davide fonda Istituti Sociali ed Ascetici
441 - Davide imprigionato (19 Ag. '71). Prosciolto a Scansano

364 - CANTO QUARTO - Argomento
Presso di Monte Labbro, in un Podere,
Davide si allocò con la famiglia.
Il popolo l'udisce con piacere,
il su' linguggio desta meraviglia.
Mostra, nella Gran Cena, il suo potere,
va a Monte-Cristi e, la mente, assottiglia.
Poi torna a Monte Labbro e fonda l'Opra.
Invàn', tenta il Nemico, ostargli sopra.
365 - Davide torna al Paese e va al Monte (1869)
O incompresa virtù dell'Infinito,
Spirto Cordiale dell'onnipotenza!
Tu, di misericordia, hai circüito
il seme umano d'ogni Tua epulenza.
E-d' un Comun' Bene, hai stabilito
riconcigliàrlo con Tua santa essenza,
e, da Tua volontà, per meglio impresa,
riformare, con Davide, la Chiesa.
366
Fornito in tutto - come abbiamo intesa,
la cosa, chiara - ritornò in famiglia.
La Moglie e i figli, che tanto gli pesa,
si strense al seno, con allegre ciglia.
E de' suoi fatti, gli dié-te l'intesa
pure alla madre sua, che meraviglia
le parve i fatti suoi, che ella informava...
ch' ha non dirlo a nessuno!_ l'esortava.
367
Ben' ritirato in casa, se ne stava
ammäestrando i suoi propri figlioli:
Turpino,_ Bianca e Roberto, che amava
di cuore, ed avé-a questi soli.
Il segno fatto, a pochi, palesava,
discorso non facèa, che non consoli.
[ ] Fratelli, l'amici ed i parenti,
nell'udirlo, restarono contenti.
368
Si sparse la notizia, fra le genti,
dei gran fatti che gli erano accaduti.
Frati e preti v'accórse' in quei momenti
ed altri, patriotti conosciuti.
Nell'udirlo parlar' con sentimenti
così tanto fondati e ravveduti,
piansero d'allegrezza e commossione
per l'eloquenza, sua, di convinzione.
369
Ma ben' conobbe la sua posizione:
che, chiuso in casa, non poteva stare.
Dovendo propagar' la sua Missione,
luoco più adatto, sì_ dovéa trovare.
Quello predestinato a tanta azione
fu Monte Labbro, dove un suo compare
[ ] Vichi Raffaello n'era usato
abitarvi un podere, a sé assegnato.
370
Ivi, Davide fu [] accomodato
con tutto il resto della sua famiglia.
D'ambo, fu fatto accordo, e fu trattato
dei Vicini comandi a meraviglia.
Oltre ai componimenti, assidüato
un Campo a mezzadrìa, dal Vichi piglia.
E quando che, alla penna, la man' leva
alla vanga e alla zappa, la porgeva.
371
La gente montanara, che intendeva
del nuovo esìto, la parola nuova,
e conoscendo in quel che consisteva,
per imitarlo, si dispose a prova.
Qual novello pastor',_ quelli, pasceva:
pecorelle smarrite,_ assai gli giova.
E, di molte persone, indovinava
le cose occulte e ammirazion' destava.
372
Senza [] udirlo, niuno_ immaginava
la franchigia eloquente e la parola
che, per amor' di Dio, ne propagava,
ripiena di virtù potente e sola.
Di fare il suo dover', mai non mancava
e inténder' ne facéa_ che il tempo vola
e le cose, che Iddio ha disegnate,
è giunto il tempo che sìan' propagate.
373
Quelle genti eran' tanto entusiasmate
nell'udirlo parlà' con tanta grazia.
E quando, alle sue case, eran' tornate,
rammentarlo fra suoi,_ qui non si sazia'.
Ma vedendo che, intiere, le giornate
fòri del Campo, a ben' comune, spazia,
anzi: per le turbe ch'avèa intorno
propagava la Fede, notte e giorno...
374 
per cüi molti, che si ritrov'orno
presso l'Uomo di Dio, pre-occupato,
cento-ottanta,_ su 'l del Campo, and'orno
a compirgli i' lavoro incominciato.
Con amore fraterno, l'aiut'orno,
per cüi non fu più sacrificato.
Ché, in varie fasi, quel lavor' commisto,
Davide lo chiamò:_ CAMPO DI CRISTO.
375
E di nomi e cognomi, fece acqusito
in una lunga lista generale,
unita è d'altri scritti, come il visto
del suo "Risveglio", ce ne dà il segnale.
Istituì e-d'altro, come fu previsto
dal direttore suo spiritüale.
Diede a tutti, stampata, l'operetta
che, RISVEGLIO DEI POPOLI, è detta.
376
La Fama intanto, come una trombetta
fe' eco al monte,_ al colle,_ alla pianura:
come un lampo, che in ciel' serpeggia in fretta,
si diradiava sull'uman' natura.
Produsse un suono, in quella zona eletta,
che penetrò l'orecchia ancor' più dura.
E, dentro l'eco di ripetizione,
molti chiamati fecero attenzione.
377
Come la pietra, d'oro, in parragone
si mostrò virtüoso in questo mondo
poiché, fra tutte quante le persone,
d'un debito comune, aveva il pondo.
E, nel tempo raggiunto, all'occasione,
egli, qual Padre, dimostrava il fondo
de' beni suoi, a tutti i cari figli
fedeli,_ per poi trarli dai perigli.
378 - Davide dà una Cena misteriosa (14 Gennaio '70)
Data esperienza dei suoi buon' consigli, 
invitò molti amici ad una cena.
Prese un agnello co' suoi propri abbigli
e lo sacrificò_ per tanto scena.
Lo cosse e lo sdiossò e, su i vermigli 
calor' focosi della fiamma piena,
fece abbruciare l'ossa. E una purzione
di carne, diede a tutte le persone.
379
Erano trentatre, tutti in riunione,
Quattordici Gennaro del Settanta.
Di svariati colori, un berrettone,
e', con maglia di porpora, si ammanta,
con l'emblema crociato in condizione.
Tre Pater_ e tre Gloria, prima canta.
Le carni, il pane, parimenti il vino
comandò fosser' poste a lui vicino.
380
"Nel nome del Potente, unico e Trino",
diede agli astanti, la benedizione.
E' benedisse i cibi a tavolino
e poi tutti mangiarono in riunione.
Quattro stinchi però, dell'agnellino,
li passò in mano di quattro persone.
Egli ordinò che ognun' li conservasse
e che, il Mistero, ben' si meditasse.
381
E che, fra i trentatre, ben' si notasse
che, la parte di Giuda, uno farebbe.
E che ciascun' di loro, ben' pensasse, 
che meno, nella Fede, addiverrebbe'.
Si fece avanti, un' di quella classe,
gli soggiunse se, il Giuda, egli sarebbe.
Cui non rispose - ma chi fu, diremo
quando la Storia segnerà l'estremo -.
382
Parte di questi Eletti, noteremo
che "Eremiti", chiamò, "Penitenzieri"
ed altri: "Penitenti". Or' parleremo
d'altre consegüenze di Misteri.
Dopo cenato, nell'ultimo estremo 
si racchiuse, per farli i suoi doveri:
e, scritta ch(e) ebbe una lunga facciata,
tornò a leggerlo a quella raünata.
383
"Già che siete venuti in tal' nottata, 
guidati da uno zelo e da una Fede
che avete, in vita vostra, professata
- che avete in dono dall'Eterno Erede,
per lunga serie ancor' comunicata
dei padri nostri - e per cui, si crede
e sino a quest'istante - intenderete:
benedetti da Dio con me, ne siete.
384
La Grazia specïal' che ricevete
nè io nè voi, potremmo meritare.
In questa santa notte, in dono avete
il Fuoco della Fede, anime care.
E leoni invincibili, sarete
per venir', Nuova Fede, a propagare...
però molti di voi, nel proprio seno,
di questa Fede, addiverrete a meno.
385
Temerete di me: in un baleno,
dimostrerete il vostro abbattimento
per dubbi e per rimorsi, d'un'osceno
diabolico-infernal' sconvolgimento.
Ma in virtù di Colui, di virtù pieno,
riceverete dopo, un pentimento:
nuova Grazia da Dio, nei propri effetti,
per ritornare a conto degli Eletti.
386
Vi avverto sino a oggi, o miei diletti,
che entrerete in battaglia dolorosa
per le persecuzioni, e pe' i defetti
che il vostro cuor', di contenere, osa.
Così piace a Colui che, a me, v'ha addetti.
Questa Cena, fratelli, è misteriosa,
questo luoco è santo: in posizione
ché Iddio s'è scelto per Sua adorazione.
387
Qui qui, presso questa regïone
saranno alte piramidi, innalsate
a nome di quel Dio, d'ogni, padrone
e saranno l'Oràcol' d'ogni vate.
La santità del Clero,_ in gonfalone
darà l'esempio alle nazion' beate
per la venerazion' del culto santo
al Padre_ al Figlio_ allo Spirito Santo."
388 - Davide va a Montecristo (15 Gennaio '70)
Per molti giorni, congedò l'Impianto
dei prosélliti suoi, Eletti cari.
Per quella notte, riposòssi alquanto
sino all'albeggi rilucenti e chiari.
La mattina del Quindici, accanto
di Raffaello, ch'erano compari,
per l'isola partì di Monte Cristi
per far', di nuove Grazie e Doni, acquisti.
389
Giunti a Orbetello, di carte provvisti,
ottenuto il permesso sindacale,
a Porto Santo Stefano, già visti,
della barca, discesero le scale,
con pochi pani e pesci sécchi misti.
Vogarono sull'acque in modo tale: 
in poche ore, con quella barchetta,
giunsero a Monte Cristi, a l'isoletta.
390
Uditi, i marinari, ch'egli aspetta
quarantasette giorni a far' ritorno,
temer' qualche disgrazia maledetta
che di vita, lo tolga, qualche giorno.
Ma egli li convince a mente schietta
a non temer',_ nè a prendersi frastorno.
Tornarono alla nave co'l battello,
con il compare Vichi Raffaello.
391
Davide, non appena in quell'ostello,
soletto in pace, ne venne a restare.
Per devozione, si trasse il cappello
e cominciò, la Trìade, a ringraziare.
Le capre selvaggine, in veder quello,
lo vennero, con berci, a salutare.
Schiere d'augelli, con varie garìe,
gli fecero gran feste e melodie.
392
Egli mangiava una volta al dìe,
parimente faceva la preghiera.
Una catena, al collo si inserìe
e la teneva da mattina a sera.
A volte, recitava salmodìe
pe(r) i vivi e morti. Con alma sincera,
piangeva i falli come Maddalena.
Chiedéa perdono a Dio con doglia e pena. 
393
Il suo tetto era terra, aria serena
gli facéa da coperta e da lenzuola.
Il mantel' solo, tenéa sotto la stiena,
un duro sasso, sotto il capo, impòla.
Trent'otto giorni durò questa scena,
il suo cuore, con Dio, lo racconsóla.
Gli parlò sette volte, in tuono oscuro,
del passato, presente e del futuro.
394 - Sette Tuoni a Montecristo (26 Gennaio '70)
Il Ventisei Gennaio - era, sicuro-,
un temporale orribile e furente
suscitò in mare e in terra: l'aere oscuro
paréa volesse subissar' la gente.
Quell'isola tremava come un muro
per terremoto ondulantemente.
Davide, coraggioso per natura,
spaventato, tremava di paura.
395
Stava' così le cose addirittura,
quando udisse una voce detonante:
"Uomo!" le disse "Ascolta con premura
questa voce solenne, a te davante.
Scrivi il contenuto in tua scrittura
come voce del vero Dominante.
Ed a suo tempo, ne darà sentore
ad ogni vivo, che ne nasce o muore.
396 - Giorno 26 detto - PRIMA VOLTA
"Io sono il Dominante,_ l'Äutore
dell'opre eterne._ D'ogni crëatura,
fra i turbi e fra le scosse,_ son'_ Signore.
E fra folgori e lampi, sto in sicura
in valli in monti._ Al mar', fo' siepe e altore.
Sono il piè' della terra molle e dura.
Degli abissi so' il cardine, del cielo
il perno, e Mia virtù fa velo.
397
Ma tu chi sei, strisciante nel tuo stèlo?
Superbo! miserando sulla terra
con faccia altera,_ orribile qua[l] gelo,
sfidi la Mia beltà,_ che mai non erra.
Tu non sei quella polvere, ch'al fièlo 
terren' ti trassi?... e contro me, sei sgherra!
Non sei quel, che, dall'Angelo, fugato
per la disobbedienza di peccato?
398
Ed Io, per non vederti disperato.
ben' ti riscossi e_ t'arraconsolai.
O non ti basta, quant(o) ho per te, operato,
che Me,_ n'offendi? Da Me, bene n'hai!
Nei dì prescritti, perfido ed ingrato,
ch'[i] Io sono, ben' chiaro lo saprai!"
Questa è la Prima Voce ch'egli udisse...
ed egli, in verso scritto, lo rescrisse.
399 [Giorno 26 detto - SECONDA VOLTA]
"Io sono il più potete, senza eclisse."
segue: "Forte_ massimo e terribile.
Pio_ amoroso_ umile", s'addisse.
"Giusto,_ pietoso ed inriprinsìbile
sapïente,_ clemente,_ con prolisse
somme bellezze,_ di luce impassibile.
Congiunto in ogni forma, Mi vedrai
e, dove son'[o] Io,_ pur' tu, il sarai.
400
O bene o male,_ che tu ne farai,
ti giudico, ti danno e ti perdono.
In modo alcun', non ti nasconderai
perché dove sarai,_ Io pur' vi sono.
E quando Me, tu ne supplicherai,
ti ascolto e son' con te,_ a te Mi dono.
Se tu Mi ami, umìliati! e ti eleggio
per la mia scranna, nel divin' patteggio.
401 - Giorno 27 detto - TERZA VOLTA
[ ] Giorno Ventisette, con atteggio
più fragoroso, gli venne a parlare
dicente: "Io regno e dòmino, attueggio
in alto imperio,_ in terra_ in cielo_ in mare.
Al tempo stesso, l'universo, veggio
e so_ come lo devo governare.
E quando che il creato ne riguardo,
trema i buoni,_ e i rei nel suo beffardo.
402
Attònito il creato, è, s'Io m'azzardo
muovere il piè'_ su qualunque intrapresa.
la Terra, appesa nel suo proprio cardo
ha gran timor' della Mia faccia accesa.
Le polveri s'innalsa' al mio gagliardo
alidore,_ il mar' s'alsa a distesa.
I regni, tutti quanti della Terra,
temono il Mio furore,_ in pace,_ in guerra."
403 - Giorno 27 detto - QUARTA VOLTA
Ode la Quarta Voce,_ il verbo afferra
[per] la seconda volta. Così dice:
"La gloria Mi' è fùlgida e non erra,
dal centro del gran vacuo, è inradiatrice,
e, vasta inlimitata,_ niùn' la serra:
è, del creato,_ l'inluminatrice.
Con triplice corona,_ i Cherubini
m'onorano con gli Angeli vicini...
404
... l'Arcangeli, con tutti i Serafini.
Al destro fianco Mio, stanno ordinati
Maria col figlio._ Sono a Miei confini,
d'altra parte, i Profeti e i Patriarchi.
Martiri, Vérgini e Santi divini,
secondo il mèrto suo, sono locati.
E la Mia gloria è sempre inlimitata
simile al bene Mio,_ in ogni fiata.
405 - Giorno 28 detto - QUINTA VOLTA]
Il Ventotto, nüova inserenata,
la gran voce di Dio gli venne a fare
dicente "La Mia legge (e) promulgata
ne fu tre volte in modo singolare:
sull'Eden, in Adamo l'ebbi data,
sul Sinai a Mosé,_ mio servo in pare,
la terza sul Calvario, per conferma
che suggellò col sangue in propria schérma.
406
Il figlio Mio,_ per Me la tenne férma
e con esso, fondai la chiesa e il clero;
a Pietro la trasmisi, che l'assérma
con ordine e poter' del Mio mistero.
Acciò gli uomini tutti, in sua casérma,
fosser guidati, pe'l Buono e pe'l Vero,
al regno Mio. E chi se ne protesta,
non ha perdono:_ l'urta ogni tempesta.
407
I falsi si lusingano a sue gesta,
con cerimonie e Sìnodi, onorarMi
a lor' voler'. La massima li appèsta...
ch'Io non li ascolto in ciel', che così pàrMi!
Chi al successor' del Trìade 'un s'appresta
con fede a fargli onor',_ non può eredarmi
sarà in eterno, mìser' condannato
privo d'ogni Mio ben, sempre agitato."
408 - Giorno 28 detto - SESTA VOLTA
La sesta volta, Iddio così ha parlato:
"Che sono, a Me davanti, i Re del mondo...
che son' caduco polvere? Ho notato
e' terribili son', da cima a fondo:
il Mio onore, da loro n'è strupato.
La morte ignoran', lor',_ con il suo pondo,
e vantano il poter':_ Mìseri! o_ dove?
In sen' di poca Terra..._ a che gli giove?
409
Il suo cadùco_ torna, a tutte prove,
in seno della terra, a imputridire.
Troni,_ scettri e corone_ vanno altrove:
se l'uomo torna in polvere, a svanire,
chi tiene il suo poter'? Chi gli rinnove
ciò ch'ha perduto? Io, sono il suo sire:
l'unico Re,_ fra tutti i Re del mondo.
Abbatto i grandi,_ agli ìnfimi do il fondo.
410
So' i vostri dì crollabili,_ o infecondo
seme d'erranza!_ Regi, inorridite!
Presto è la man', che vi fulmina in tondo
e vi subissa al suol', dove ingrandite.
Le vostre enìque cattedre, d'immondo,
di falsi adulatori, va' sbandite:
con l'àrgebre dei vostri computisti,
non gioverà' per far' novelli acquisti.
411
Nè i vostri meccanismi ben' provvisti,
nè gli artefìci dotti, col suo conio,
vi reggerà sui vostri troni tristi:
cadrete in man', dei popoli, al demonio!
E quando sono gli uomini ravvisti
e il tempo gli sarà per testimonio,
quando la pace, sulla Terra, [h]a-l pegno,
Io solamente, col Mio servo, regno.
412 - Giorno 28 detto - SETTIMA VOLTA
Giorno Ventotto - terza volta, in segno -,
[ ] la Settima Voce, udì tonante.
Il mar', la terra, nel loro contegno,
d'ambo, l'aspetto si mostrò tremante.
Davide, benché a udirlo fosse degno,
il turbo_ se-l'cacciava via davante
su delle rocce, in man',_ sopra il gabbano,
arrampicava, in questo caso strano.
413
[ ] La Settima Voce dell'Arcano
così dicente "La Mia legge, in parte,
profànan', i ministri Miei, che in mano
han(no) i Codici delle sacre carte.
Perfidi! che il Mio onor', vantano invano
e su Me, fanno lucro. Con fals(a) arte,
ammassano tesori in sua partita,
con finto manto, còpransi sua vita.
414
E la lor' degnità, ch'hanno inserita,
vengono, senza orrore, a consumare.
Presso è il dì, che sarà stabilita
Ordine nuova, da_ farsi osservare.
L'umiltà finta e santità, smentita,
dal Codice Novello singolare: 
con discipline e regole che avranno,
in santità verace, ne vivranno.
415
I beni, che i fedeli avvederanno
alla Mia santa ed impassibil' Chiesa,
all'obolo di essa, l'uniranno, 
pe'(r i)'l bene,_ che farà fornita spesa.
I cùmoli dei Giùdi cesseranno,
o sia' mondani beni o mala presa.
Di tanti riti, il mèrito scemato
sarà,_ e quel del Trìade, aumentato.
416
Il clero sarà tutto pensionato,
pur' limitato, in modo di campare.
Il popol' tutto ne sarà informato
che, Cristo in povertà, dèono imitare.
Miei tempîi avranno il mèrto consacrato,
santo e verace, su qualsiasi affare.
Dirai, per ubbidienza e senza inganno,
che in te, le prime dignità saranno."
417
Queste cose predette, ne avverrano,
ciò_ è voce infallibile di Dio.
L'uomini, a queste, poco crederanno
ma del suo male, pagheranno il fio: 
forsatamente, si convinceranno
dopo la punizion' del Serpe Rio.
Allor' conosceranno il profetato,
che il Dio ha, per il suo Davide, parlato.

ATTO SECONDO
418 - Davide Espulso dall'Isola (22 Febbraio '70)
Trentotto giorni, giù, vi era stato.
Ebbe con Dio più di un colloquio santo.
Il Sindaco, di ciò, ne fu informato:
che non potéa, colà, viverci tanto.
Per cüi, Raffaello fu mandato
con Vichi i' Giuseppe, ch'hanno vanto.
Insiem' coi marinari, a suo rappello
andar'no con la barca, a prender' quello.
419
Egli s'aveva sopra un monticello
con la catena al collo, inginocchiato.
Quando quelli approd'onno col battello...
egli l'aspettava all'altro lato!
Rimproverò il compare Raffaello
perché disubbidì (al)l'ordine dato.
Ma essi, di ciò, rèso-lo capace,
convenne di partire_ e restò in pace.
420
Con quella compagnia buona e sagace, 
virilmente rientravano in barchetta.
Il pan' che gli avanzò, duro e tenace,
l'avéa riposto dentro una sacchetta.
Era quasi a metà! E dir', mi piace...
ch-è questa meraviglia, così prètta.
A Porto Santo Stefano uscì fuora,
il pòpol(o) tutto, lo festeggia e onora.
421
[Una celebrazion' più grande anc]ora
gli fu data a(d') Orbetello, popolare...
che, pregato dal Sindaco, uscì fuora,
ch'egli teméa qualche sinistro affare.
Per cüi, senza fare altra dimora, 
la quaresima andiède a terminare
fra Buriano e Colonna. In un bel giorno,
a Monte Labbro poi, fece ritorno.
422 - Davide torna al Monte. Si edifica la Torre
Lassù, facendo il suo lieto soggiorno,
seppe', gli amici suoi, ch'era tornato.
D'ogni sesso, gli accorsero d'intorno,
a udirlo, fu ciascun' meravigliato.
Molti, ben' veritiero, lo scontr'orno
essere, un indovino segnalato.
Che, per le sue parol', dolci e attraerenti,
restarono perciò molto contenti.
423
Propagando la Fede a suoi credenti,
pieno di Carità, li ammäestrava.
Con assiduo lavoro e patimenti,
l'esempio di Virtù, a tutti dava.
E con cinquanta, dei Suoi più valenti,
in cima a Monte Labbro, si portava.
E, dopo fatta una bella orazione,
principiò a formare un Torrione.
424
Tutti, con viva fede e devozione,
quest'opra, cominciarono a inalsare.
Il vacuo, tondo a pina, vi dispone,
il fuori, a spira, lo facéa scalare.
Passò, più tempo, la popolazione
ch'andava su quel luogo a lavorare,
tutti convinti e fermi, nel pensiero
che fosse una gran cosa di Mistero.
425
Dal circondario d'Arcidosso intiero,
si portavano, molti, a dargli aiuto,
che si vedèa aggremito ogni sentiero,
portando a' qui pastor', lieto saluto.
Che r'apparvero lieti, per dir'_ vero,
udendo dir' che Cristo era venuto.
Per aiutarlo, sù, molti v'accorse'
e, con denaro, altri_ lo soccorse'.
426
Per le piazze e i campi, si discorse
su Davide, da gente d'ogni sesso;
chi credente e chi non, per cui ne sorse
varie dìspute nel - popolo: ch'esso
chi prese il senso dritto, chi lo storse,
chi comparve neutrale. In tempo stesso,
e già l'Italia formava tempesta
unir' sé Roma... ma teméa tal' testa.
427
Egli, con quello Spirto ch'ha per vesta,
annunziava il Giudizio Universale
in modo che, teméa, la gente onesta,
un eminente castigo finale.
Poi dicéa: "Colui che ci calpesta, 
vincer' dobbiamo, con il nostro frale,
per ritornar' nel vero reggimento
con Gesù Cristo, nostro fondamento".
428
Asseriva che Dio, di piacimento,
a dar' Sua voce ai popoli, mandava:
per riscattarli dallo schiavimento
per via dell'opra Sua, l'abbisognava.
E lui era il campion' di tale Avvento,
che, il gonfalone sacro, preparava
di notte tempo. Di suo valimento,
tutti invitando a far' risorgimento!
429
Per tal' proposte, un gran dubitamento
nel Governo, nel Clero, a lor' 'pinioni
nacque. E, già standovi in attento,
ognuno sorvegliò tali funsioni.
Il popolo, qual foglia data al vento
errava in mischio tra le confusioni:
Davide messo, in dura prova attrito,
eloquente, s'attrasse il suo Partito.
430
Egli con Dio, avèa già stabilito
di far', di tutto quanto il mondo, acquisto.
S'avanzava coll'Opra in altro sito
e, da un signor' Francese, fu provvisto
di buone somme e poté(r') far' compìto
il suo lavoro, con il popol' misto
de' comunelli. Che aiutarlo attende,
ai poveri, pagò tali faccende.
431
Qui, nuove cose, la sua mente attende
e, co' suoi manoscritti, le registra.
Il Codice Novello egli n'imprende
e lo perfezionò con man' ministra.
Questa LEGGE DEL D(I)RITTO_ sottintende
nuov'ordini di cose in ampia lista:
o sia RIFORMA DELLO SPIR(I)TO SANTO
che, in tutto il mondo, dovrà far' l'Impianto. 
432 - Davide fonda Istituti Sociali ed Ascetici
Tre istituzioni fatte, aveva intanto:
"dei PENITENTI e dei PENITENZIERI",
questa è la Prima. La Seconda ha vanto
di ASSOCIARE I CRISTIANI santi e veri.
La Terza istituzione getta il guanto
per FRATELLANZA o LEGA dei sinceri.
Utile ciò, per tutte le famiglie,
per far' veri progressi a meraviglie.
433
Facéa molte quaresime e vigilie,
in ogni cosa, il Bene. Era da guida:
per questo, mai nessun' se ne scompiglie
e si può nominare "scorta fida".
Ognuno, verso lui, volgéa le ciglie:
la sua voce: una spada, l'opra: Egìda.
La vita che menava nel suo stato
miracol', dimostrò, continüato.
434
Lavorando, sul Monte, assidüato, 
una Grotta, ne venne a discavare,
che il vacuo, per natura, n'è intagliato
in modo che ne fa meravigliare.
Nel fare il vuoto più profondo e ampiato,
venne, una spada e l'ossa, a ritrovare,
d'un morto antico, uomo di valore,
per quanto l'arma ce ne dà sentore.
435
Terminata la Grotta, il pio Signore
vi fece un altarino con la menza.
In tavola effigiata di colore,
la Madonna, inalsò, 'la Conferenza;
commemorando quel sommo favore
che gli fe'_ nella Rupe di presenza
- Come fu detto, che l'avrete in mente,
che gli avvenne, nel Lazio, penitente -.
436
Poi, fatta una cappella sù eminente,
da Gràdoli, comparve' a lui due preti.
Davide li accolse virilmente
e quei,_ conòscer' lui,_ furon' ben' lieti.
Uno è don Filippo, uomo intendente,
Imperiuzzi è il cognome, e, si ripeti:
don Tista Polverini. In Fede uniti 
con egli, vi restarono forniti.
437
N'aveva, già a migliaia, convertiti,
il grand'Uomo di Dio,_ alla sua fede.
Da nobili patrizzi, ebbe l'inviti
di fargli noto quanto gli succede.
L'inimmàtico ardor' dei suoi quesiti
molti mali insidiosi, gli antivede
ma, ben' fisso con Dio, non si sgomenta
e nuove cose, al pubblico, presenta.
438
Fece un tempio più grande, e s'alimenta
di miglior' mezzi: un Èremo, vi appoggia.
La gente vigilante stava attenta
per capir' quel Mister' che tanto sfoggia.
Sorse il Rosso Dragone, un fischio sventa
orribilmente, e uscì focosa pioggia.
Pe'l Governo, attuale udito il fischio,
porse l'udienza_ a l'altre voci_ in mischio.
439
Si dubitò che mettesse in arrischio
molti popoli, a farla una rivolta:
fra disnervata arena, argilla e tischio,
porre la fresca Italia a briglia sciolta.
Ver' cui, con occhi di gran basilìschio
avéa fischiato il Serpe, alla sua volta,
che, insospettito l'attüal' Governo,
fu promosse le furie dell'Inferno.
440
Di già, s'attueggiava nel suo perno,
la Fratellanza della Santa Lega:
agiva francamente nell'esterno
co' l'economizzante a santa piega.
Dietro i rapporti dei membri d'Inferno,
dei guasta-mondi di falza bottega,
la Forza non tardò a catturarlo.
In prigione a Scanzano, poi menar'lo.
441 - Davide imprigionato (19 Ag. '71). Prosciolto a Scansano
Del Diciannove Agosto, io vi parlo,
del MilleOttocentoSettantuno.
[ ] Dodici soldati andò arrestarlo
di mezzanotte, in letto già opportuno.
Con ogni manoscritto, a seguestrarlo,
strinto con le catene, all'àere bruno.
Peggio d'un assassino sanguinario,
dannoso in tutto, uomo innecessario.
442
A questa nuova, buttò via il sipario
la nuova setta, scriba e farisèa
e vomitò, più che del necessario,
di quel velen', che il Serpe gli porgéa.
Svogliò le menti di quel popol' vario
che per[]manente a Davide credéa.
Ma non, per questo, si turbò la quiete,
l'innocente, intrigato nella rete.
443
Di vederlo punito, avevan' sete
quell'empi, antichi_ per le simonìe.
Avrebbero pagato più monete
per non vedersi, altra_ vergàr' le vie,
stimandosi infallibili, in sue mete,
per giudicare... in mezzo a idolatrìe.
Chi coverna non dorme: Iddio, veduto,
avea il suo servo, a tempo, provveduto.
444
Giovanni Salvi ebbe antiveduto
che Davide innocente, imprigionato
lo avéano. E,-letto lo Istituto
ebbe, a-d' altro, piccolo stampato,
giudicòllo innocente. E, come astuto 
uomo viril', di carità, scienziato,
gli entrò promessa e dimanda fece.
Trarre poi, fòri, di prigione, il fece.
445
Di poi, come Avvocato, soddisfece.
Dopo l'esame, di molti ben' chiare,
a l'Orator' di Legge non fu lece
il Davide a Seduta far' passare.
Poi che l'accuse, nere come pece,
non poté' i testimoni costatare,
fu, a Grosseto, disciolto: a suo talento,
non trovò il Tribunal' procedimento.
446
Di questo, il Salvi ne restò contento
e per esso, s'accrebbe stima e fede.
Le notizie si sparve' da ogni vento.
Per Davide trovar',_ mossero il piede
preti, vescovi,_ frati. E , di talento,
Signorine e Signori, giù si vede
in casa Salvi, dove si trovava
l'Uomo di Dio, che buon' saggi gli dava.
447
L'Avvocato Ciompini capitava
da Firenze, mosso da gran fede.
La famiglia di Davide, ospitava
in casa sua, che la voléa fa' erede...
che poi fu falso Giuda e la scacciava.
L'inglesina Alice, che ciò vede,
mossa a pietà, in denaro, la sovvenne.
Che, di lei, soddisfatto_ si ritenne.
448
Di più, con cerimonia più solenne,
gli fe' porre in tre casse, un figliolino:
Roberto, ch'era morto come accènne,
ch'avéa il Mal' della Pietra, poverino!
E fatto ciò, a Scanzano ne venne
ove il vescovo Carli, cappuccino,
in conferenza con Davide, stava,
e, delle cose sua,_ egli_ informava.
449
Di vari fatti, il Carli disputava,
che restò, in quei momenti, soddisfatto...
ma, in fine, udremo cosa almanaccava
poiché si dimostrò nemico affatto.
Anzi:_ Alice Gordòn[ne],_ svogliava
poi ch'era il confessore suo, di fatto.
Davide in tanto, non lasciò passare
momento, che il suo ben', non venga a fare.
450
Fra di sé stesso, cominciò a pensare
che i suoi seguaci eran' bisognosi
e che il Salvi ci avéa da lavorare
campi, vigne, e olivi fruttüosi.
Col Salvi stesso, venne a ragionare
di dare "a mezzo" i suoi luochi ubertosi.
Che s'egli conveniva di far' questo,
Davide avrebbe provveduto al resto.
451
Difatti, il Salvi, ch'era uomo onesto,
e, defalcato l'interesse bene, 
si risolvette, così tanto presto:
a(c)ciò che gli propose,_ n'addiviene.
Davide, il suo compare, ebbe richiesto
con Beppe Vichi, Angelo Cheli. Tiene
nei conti, altri capi, altre famiglie,
possidenti in fondi ed in bomiglie.
452
Stipulato il Contratto,_ tre bottiglie
bevér', di vino, per recrëazione,
Dopo ciò,_ lor' figlioli,_ mogli e figlie
scrissero a' ruoli dell'Associazione.
Cominciati i lavori, meraviglie
par'vi tutti veder', di buona unione.
Tonioni era il Ministro generale,
Giuseppe Rossi: Dispenzièr' casale.
453
Conferiti i suoi bene, al naturale, 
come da loro, in proprio posseduti,
col segno-scudo e Ci alla sociale,
- o sia: il marchio dei segni compiuti -.
Davide, fatto più d'un paternale,
oltre le Regole degli Istituti,
affinché camminassero diretti,
che Iddio li avrebbe assistiti e protetti.

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